Authority energia - Il costo dei combustibili e il peso degli oneri di sistema
11 Ottobre 2007 di AmministratoreCi è stato segnalato dall’ attento lettore Daniele Rovai che l’ “AutoritĂ per l’energia elettrica e il gas” in data 28 settembre ha emesso un comunicato relativo all’ adeguamento della tariffa elettrica e del gas (variazione trimestrale), contenente tra l’ altro anche un’ interessante nota esplicativa sul peso delle diverse componenti che concorrono a comporre le condizioni economiche di fornitura di energia elettrica e di gas.
Sono previsti aumenti (variazione trimestrale) a partire da ottobre 2007:
- Per la fornitura di energia elettrica sono state definite condizioni economiche che implicano un prezzo di 15,91 cent di euro per kilowattora, con un aumento del 2,4% rispetto al precedente trimestre. Ciò comporta per la famiglia con consumi medi (2.700 kilowattora all’ anno) una maggiore spesa annuale di circa 10 euro.
- Per il gas l’AutoritĂ ha definito le condizioni economiche di fornitura che implicano un prezzo di 67,55 centesimi di euro al metro cubo, con un aumento del 2,8% rispetto al trimestre precedente. Ciò comporta per la famiglia con consumi medi (1.400 metri cubi all’anno) una maggiore spesa annuale di circa 26 euro.
Gli aumenti del prossimo trimestre sono in gran parte dovuti agli aumenti degli idrocarburi che a loro volta sono la risultante di due fenomeni: forte dinamica rialzista del prezzi internazionali del petrolio e mancanza di concorrenza nel settore del gas naturale.
Nella parte finale infine c’è un interessante approfondimento sul peso degli oneri di sistema (fiscalita’, Cip 6, …) che vanno a definire le condizioni economiche fissate dall’ AutoritĂ . Secondo l’ AutoritĂ alcune voci, se diversamente normate, potrebbero attenuare l’impatto della variazione del prezzo dei combustibili:
- gli incentivi per le fonti rinnovabili ed assimilate. La quota destinata alle “nuove” fonti rinnovabili risulta in aumento per effetto dell’ entrata in funzione dei nuovi impianti, mentre quella destinata alle “vecchie” fonti rinnovabili e assimilate del CIP 6/92 è prevista ugualmente in aumento per effetto di alcuni pronunciamenti della giustizia amministrativa avversi ai provvedimenti dell’ AutoritĂ che prevedevano un ridimensionamento del prezzo del combustibile evitato in linea con gli andamenti attuali del mercato gas. Applicando le disposizioni dell’ AutoritĂ si potrebbe evitare un onere sulle bollette pari a circa 600-700 milioni di euro giĂ relativi al 2007;
- gli oneri per il finanziamento delle attività nucleari residue sono gravati da un prelievo parafiscale definito dalle leggi finanziarie 2005 e 2006 e destinato ad altri scopi. Si tratta di circa 150 milioni di euro l’anno, comprese le imposte.
- l’imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) continua ad essere applicata anche sugli “oneri di sistema”, di natura parafiscale. Tale imposta equivale a circa 670 milioni di euro l’anno.
Sul sito dell’ Authority Energia si può leggere per intero il comunicato stampa del 28 settembre “Pesa il costo dei combustibili - Introdotte nuove offerte biorarie. Energia: da ottobre elettricitĂ + 2,4% e gas + 2,8”
12 Ottobre 2007 alle 11:20
Come volevasi dimostrare!
12 Ottobre 2007 alle 13:40
Infatti! .. la mancata diversificazione delle fonti energetiche e delle tipologie produttive, sommata al costo aggiuntivo di attivitĂ residue .. porta a questo!
Per forza!
.. la monopolizzazione e ila quasi monoidentificazione delle forme del sistema approvvigionamenti .. a cosa potevano portare!?!
.. si scopre l’acqua calda…
le domande sono sempre le stesse:
- è mai possibile che chi ha preso certe scelte .. sia sempre inviolabile?
che non si debba mai rispondere delle scelte fatte? .. forse non sapevano? .. erano così ciechi? .. oppure stavano architettando qualcosa di piĂą? .. è mai possibile che la situazione attuale sia frutto del caso? .. così come per magia? .. .. la si deve pigliare su e basta? ciò che stato è stato .. chi ha avuto ha avuto .. ora scordiamoci il passato!?? si è fatto fuori un settore (quello nucleare) nell’arco di baleno … mai nella storia credo sia successa una cosa così!.. e non si è fatto niente .. di piĂą l’argomento è rimasto tabĂą per anni …. si è concentrata quasi tutta la reale catena approvvigionamenti e impianti solo sugli idrocarburi .. si è visto a cosa ha portato e stĂ portando questa scelta e nessuno ha colpa/responsabilitĂ parziale o peggio totale di ciò ?! …
cos’è far west?!
Io rimango sempre sconcertato come di fronte a tutto ciò ci sia sempre la piĂą totale indifferenza! … e tocca tutti …
.. pur nella sua tragicitĂ un caso di mala sanitĂ , che è di suo pur molto importante .. non volgio togliere nienete a quella persona che malauguratamente finisce per subirla, .. ma riguarda la persona in particolare … ecco .. e giĂ li la mobilitazione mediatica esplode! letteralmente .. ci sono programmi che passano serate intere (ma anche giustamente .. oggi è toccato a quella persona .. domani se non si provvede potrebbe toccare a me!) .. però per una cosa che tocca tutti quanti … e si ha pure un trend che prevede in un qual modo l’andamento almeno del prossimo futuro .. e sai che sarĂ peggio .. su quello si nicchia! Praticamente da sempre! .. scusate .. ma per molto meno si muove anche il Gabibbo!
12 Ottobre 2007 alle 19:37
Concordo con Guass… Inoltre penso che con questa tassazione anche quando ci saranno (spero) i rigassificatori, il risparmio che otterresti dall’avere piĂą fornitori di gas sarebbe subito mangiato!
All’epoca del referendum contro il nucleare alcuni dissero: “Una vittoria degli ambietalisti?…No dei petrolieri!” Ad oggi si potrebbe aggiungere. “anche dell’Authority del gas che tanto ci marcia”
Trlasciando il fatto di qualche tempo relativo ai contatori taroccati.
E poi c’è qualche beota che dice una “potentissima lobby nucleare” vuol far ripartire l’atomo in Italia…A me pare che le lobbies siano da altre parti.
Saluti
13 Ottobre 2007 alle 01:13
Su una cosa siamo daccordo: i nostri politici, vedi Casini sul Sole 24 ore di qualche giorno fĂ , usano la questione nucleare come grimaldello per fare lo sgambetto all’avversario. E’ un comportamento che dovrebbe far riflettere, sia i pro che i contro del nucleare, sull’inesistente affidabilitĂ politica dell’Italia.
Un’inaffidabilitĂ che preclude a qualunque piano nazionale energetico.
Un’inaffidabilitĂ figlia di una povertĂ intellettuale dei nostri politici che vede prevalere l’aspetto economico, la rendita perenne degli oneri, su quello politico, la sicurezza energetica italiana.
Brutta quest’ Italia dove sgangherati e pessimi attori sono osannati da beceri spettatori mentre recitano un copione ormai logoro.
Lasciando da parte la questione nucleare dal comunicato stampa dell’AutoritĂ , per quanto riguarda la parte elettrica, si evidenzia come:
1) un finaziamento pubblico viene dirottato per rinpinguare le casse dello stato;
2) si fĂ pagare una tassa sulla tassa (l’IVA sugli oneri) cioè si costringe, forzosamente, il cittadino italiano a versare, ma il verbo esatto è DONARE, ben 670 milioni di euro l’anno!!!!! (1.300 miliardi di lire!!!!) allo stato.
Ecco cosa mi ha risposto un giornalista, che scrive per un giornale di Genova, al quale ho chiesto perchĂ© l’informazione che gli avevo mandato, il comunicato dell’AutoritĂ , non poteva essere lo spunto per un’articolo interessante di denuncia. «Ci sono periodi in cui non c’Ă© tempo e bisogna aspettare» .
Siamo disposti ad aspettare? Io no! E per questo vi chiedo di divulgare il comunicato stampa dell’AutoritĂ attraverso la rete, perchĂ© l’informazione, quella vera, non può aspettare e di continuare a discutere di questo tema.
13 Ottobre 2007 alle 12:56
“Un’inaffidabilitĂ che preclude a qualunque piano nazionale energetico.”
Posso essere d’accordo sull’inaffidabilitĂ della classe politica italiana (mi dispiace ma ha fatto davvero di tutto per meritarsi tutta la diffidenza possibile!): ma la soluzione qual’è?
Tornare nelle grotte al freddo ed al buio? Classe politicica inaffidabile (per il nucleare), ma affidabile (stranamente!) per gas e solare?
In poche parole: niente PEN, e allora quale soluzione?
Io rilancio l’idea dell’Ing. Basso di una sorta di PEN ‘fatto dal basso’, (è un concetto che va di moda!) che deve assolutamente prevdere una quota nucleare!
15 Ottobre 2007 alle 00:03
Concordo con l’Ing. Romanello e con la pregevole proposta dell’Ing . Basso.
Comunque i beceri spettatori sono anche dalla parte di chi sostiene un ambientalismo assurdo e senza fondamento scientifico (quello del Sig. Pecoraro Scanio)
La classe politica ha avuto in passato la fortuna di trovarsi tra le mani il gas a buon mercato. Infatti da un’Italia cha andava quasi esclusivamente a petrolio (fino metà anni ’70) siamo passati ad un’Italia che va avanti solo (o quasi) a metano. Questo l’ho ribadito più volte.
Così quando il gas è diventato la nuova linfa c’è chi ne ha approfittato, speculandoci. Così come sulla benzina paghiamo l’Iva sulle accise aggiunte al costo di produzione (le cosidette tasse sulle tasse) sul gas vediamo i giri birboni denunciati da Daniele. Forse se ci fosse stata una seria diversificazione delle fonti (nucleare compreso) e soprattutto un serio PEN…
Penso che ai giorni nostri, visto che sia il petrolio che il gas, e presto anche il carbone, stanno diventando carissimi i politici si sono trovati ormai con le spalle al muro. Alcuni tetano di nascondersi dietro il finto mito delle rinnovabili ma gli italiani sono meno scemi di quello che si pensa e sanno benissimo che sole e vento non daranno mai apporti consistenti di energia. Recenti sondaggi pubblicati sul periodico Espansione del mese di Settembre, riportano che gli italiani sfavorevoli al nucleare son passati dall’80% del 1987 al 32% del 2007. Già nel 2006 un altro sondaggio del Corriere affermava che il 54% degli italiani era favorevole all’atomo… Aldilà di come valutare i sondaggi si può affermare che molto è cambiato da qui a vent’anni.
Casini, comunque, è sempre stato a favore del nucleare. Già da quando era il giovane rampollo di Forlani e si schierò con il Premier Goria il cui governo cadde proprio perché voleva, nel 1988, far ripartire i lavori a Montalto di Castro.
P.S.: pare che anche l’associazione consumatori è al corrente dei fatti… speriamo che loro riescano a far si che ci sia sempre tempo e non si debba più aspettare.
17 Ottobre 2007 alle 11:35
Sul sole 24 ore e su Il Giornale, il 15/10 si riporta la notizia da New York il prezzo del carbone, in un mese, è passato da 50 $ alla tonnellata a 100 $ alla tonnellata.
Adesso anche il carbone comincia ad avere rialzi esponenziali…e qui in Italia si parla solo di gas e carbone delle pseudo rinnovabili…Mah!
17 Ottobre 2007 alle 13:04
Il prezzo petrolio continua ad aumentare (presto arrivarĂ a € 100 al barile) e così anche le altre fonti energetiche primarie. Ciò potrebbe giustificare il ricorso all’energia nucleare, ma ancora oggi molte sono non solo i dubbiosi ed i perplessi. Ad esempio, l’anno scorso il dott. Gianni Silvestrini, del Kyoto club, scriveva:.
L’energia dall’atomo è stato un flop. In primo luogo industriale. Ad affermarlo sono i dati Iea
La storia del nucleare ad oggi è quella di un disastro industriale che ha divorato cifre colossali, messo in crisi la fiducia dei cittadini e deluso le speranze di chi ci aveva creduto.
All’inizio degli anni settanta si ipotizzava uno sviluppo impetuoso di questa tecnologia. Le previsioni fatte allora sulla potenza che si sarebbe raggiunta a fine secolo sono risultate da due a dieci volte più elevate della realtà .
Incidenti e costi elevati hanno comportato il blocco della maggior parte dei programmi, il fallimento di molte compagnie, l’uscita completa dal nucleare di alcuni paesi.
E questo malgrado siano state investite enormi quantità di denaro. Solo per la ricerca, gli Usa avevano speso 60 miliardi $ fino al 1993. Estendendo l’analisi a tutti i paesi della IEA dal 1970 ad oggi, si vede come più della metà degli investimenti per l’energia sia stata assorbita dal nucleare da fissione (senza contare quindi le spese per la fusione). Includendo poi Russia, Cina e India la bilancia penderebbe ulteriormente a favore del nucleare.
Sul fronte della produzione, grazie ai migliori fattori di utilizzo degli impianti esistenti, l’elettricità nucleare si è accresciuta del 32% tra il 1990 e il 2003, ma l’incremento della potenza atomica negli ultimi due decenni è stato minimo.
Per quanto riguarda il futuro, le previsioni che si fanno non sono brillanti. Secondo la Iea la quota della elettricitĂ da fonte nucleare su scala mondiale dovrebbe scendere dal 17% al 9% nel 2030 (World Energy Outlook, 2004).
Se però fino a qualche anno fa l’immagine più calzante della filiera nucleare era quella di un dinosauro morente, da più parti ora c’è chi propone un suo rilancio.
Operazione più facile da proclamare che da attuare. Ne sa qualcosa Bush, che dopo più di quattro anni di presidenza non è riuscito a convincere un solo operatore ad avviare la costruzione di una centrale atomica ed interrompere così un vuoto che negli Usa dura da più di 25 anni. Il motivo, si sa, è quello economico. Sono il mercato e la concorrenza ad avere azzoppato il nucleare. Quale impresa elettrica, o istituto finanziario è disposto a puntare su questa tecnologia quando ha a disposizione soluzioni ben più economiche e meno rischiose?
Eppure il fantasma nucleare sembra oggi rispuntare. Richiamato in Italia, in modo pretestuoso, parlando di bollette elettriche elevate o di black-out. Altrove evocato grazie all’alibi/preoccupazione (a seconda dei personaggi) della minaccia del cambiamento del clima e della possibilità che la domanda di petrolio possa superare l’offerta.
Siccome il riscaldamento del pianeta e la disponibilitĂ di greggio sono variabili destinate ad influenzare pesantemente le strategie energetiche, vediamo quali soluzioni saranno disponibili e se il nucleare potrĂ dare un contributo.
I problemi non risolti
I due aspetti critici piĂą preoccupanti della filiera atomica riguardano lo smaltimento delle scorie e il rischio di proliferazione di armi nucleari.
E’ paradossale che a più di mezzo secolo dall’inizio dell’impiego di questa tecnologia, ancora non si sia trovata in nessun paese una soluzione definitiva per le scorie ad alta radioattività .
La storia dei tentativi per identificare un sito per lo smaltimento dei rifiuti nucleari è costellata di fallimenti e continui rinvii in tutti i paesi del mondo. Prendiamo il caso degli Usa, dove da oltre un ventennio si discute di un deposito centralizzato a Yucca Mountain nel Nevada, un progetto del costo di 40-50 miliardi di dollari la cui realizzazione continua però a slittare (come dimostrano le polemiche di queste ultime settimane).
Un altro aspetto che mette a nudo la fragilità della scelta nucleare riguarda la possibilità di attentati a centrali o al ciclo del combustibile. Negli Usa dopo l’11 settembre sono state aumentate del 60% le forze di vigilanza alle centrali (attualmente 8000 agenti difendono gli impianti).
Il rischio di proliferazione atomica infine è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano le vicende di Nord Corea, Iran, India, Pakistan… e rappresenta un fortissimo handicap alla diffusione di questa tecnologia.
Non va poi trascurato l’impatto che potrebbe avere un incidente in qualsiasi parte del mondo sull’intera filiera nucleare. Il fatto che investimenti colossali possano essere messi a rischio da un’emergenza mette in evidenza la fragilità di questa opzione.
La variabile economica
Molte delle più recenti stime economiche rispetto alla futura generazione di energia elettrica evidenziano il maggior costo dell’elettricità nucleare rispetto alle soluzioni alternative. Proprio a causa dei maggiori costi, il Congresso americano sta discutendo una norma per incentivare l’elettricità da nuove centrali nucleari con un contributo pari a 1,85 centesimi $ per kWh. E’ interessante sottolineare come l’incentivo proposto sia superiore a quello (1,5 c/kWh) esistente per l’eolico e la biomassa.
Certo, malgrado gli alti costi, ci sono comunque programmi per nuove centrali.
La recente decisione della Finlandia in questo senso ha destato molto interesse. Il contesto appare però particolare, per la presenza di una garanzia di acquisto dell’elettricità per 40 anni e per la probabile offerta di tecnologie sotto costo da parte di un’industria disperatamente bisognosa di uscire dall’angolo. Framatome, l’impresa che ha vinto il contratto, intende costruire un impianto dello stesso tipo (EPR) in Francia, con un costo del 25% più alto di quello finlandese.
Per paesi come la Cina affamati di energia e senza problemi (finora) di gestione del consenso, la scelta di realizzare nuove centrali risponde invece alla necessitĂ di soddisfare una domanda impetuosa a qualunque costo.
L’aspetto economico appare più problematico in un mercato elettrico liberalizzato.
E’ significativo come alla conferenza del 2003 della World Nuclear Association, gli alti costi previsti negli scenari al 2050, abbiano fatto auspicare un intervento dei governi per supportare finanziariamente questa scelta.
La variabile temporale
Parlare del nucleare significa discutere di scenari energetici di lungo periodo.
Per quanto riguarda il nostro paese, considerando il tempo necessario per acquisire il consenso politico, individuare un sito, effettuare la progettazione, ottenere le approvazioni e realizzare l’intervento, non si potrebbe realisticamente avere elettricità nucleare prima del 2020.
E’ significativa la recente dichiarazione del governo della Polonia, paese che come l’Italia aveva bloccato la realizzazione di centrali atomiche nel 1990, di voler riavviare un programma nucleare prevedendo di avere la prima centrale in servizio nel 2021 o 2022.
In Italia un forcing in questa direzione potrebbe garantire fra una quindicina d’anni una produzione elettrica pari al 2% della domanda ed una riduzione delle emissioni di anidride carbonica pari all’1% del totale nazionale.
Certo, la prosecuzione di una politica nucleare porterebbe numeri più significativi nel 2030, a patto però di trovare uno spazio nell’ambito di un parco elettrico nel frattempo fortemente potenziato e sapendo che per quella data saranno disponibili soluzioni economicamente interessanti sul fronte della generazione distribuita.
Rinascita nucleare?
Se il contributo potenziale del nucleare a fronteggiare una eventuale crisi petrolifera determinata dal raggiungimento del picco della produzione di greggio è quasi inesistente, diverso è il discorso rispetto alle drastiche riduzioni di gas climalteranti necessarie nei prossimi decenni per ridurre i rischi del riscaldamento del Pianeta.
Come è noto anche dal mondo ambientalista si è levata qualche voce di ripensamento sul possibile uso del nucleare per fronteggiare l’incubo climatico. Emblematica in questo senso la posizione di James Lovelock lo scienziato inglese che ha elaborato la teoria di Gaia.
Chi prevede un futuro atomico non pensa alle tecnologie esistenti ma a nuove generazioni di reattori, forzando la ricerca sul fronte della sicurezza, puntando a taglie inferiori per garantire piĂą flessibilitĂ e auspicando maggiori controlli per evitare usi bellici. E contemporaneamente si aspetta un segnale chiaro sulla possibilitĂ di smaltire senza rischi le scorie nucleari.
Questo scenario è però più un “wishful thinking” che un percorso credibile dal punto di vista economico, del consenso, dei risultati finali. L’unica certezza è che divorerebbe una enorme quantità di denaro. Si rischia cioè di replicare lo scenario degli scorsi decenni con una distorsione dell’impiego delle risorse pubbliche rispetto ad altre più promettenti soluzioni.
Le possibili risposte alla sfida del clima
Ma esistono soluzioni alternative economicamente piĂą efficaci e in grado di garantire il soddisfacimento della futura domanda di energia mondiale e un dimezzamento delle emissioni climalteranti?
L’aumento dell’efficienza energetica degli usi finali potrà sicuramente dare un contributo maggiore di quanto normalmente si pensi. L’introduzione intelligente delle soluzioni a basso consumo porterebbe inoltre un beneficio notevole all’economia mondiale.
Del resto, gettando uno sguardo all’indietro, si deve riconoscere che gli aumenti del prezzo del petrolio degli anni Settanta sono stati essenziali per aumentare la resilienza del sistema e ridurre l’intensità energetica.
Passando alle soluzioni strategiche sul lato dell’offerta, la scelta si restringe al nucleare nelle sue varie forme, al sequestro nel sottosuolo dell’anidride carbonica proveniente dall’uso dei combustibili fossili e alle fonti rinnovabili.
Delle complesse problematiche aperte sul fronte del nucleare si è detto.
Il sequestro del carbonio contenuto nei combustibili fossili potrebbe consentire di proseguire a lungo l’impiego degli idrocarburi, ma non è senza rischi. Si tratta infatti di una soluzione ancora in fase sperimentale, costosa e con possibili implicazioni ambientali.
Infine ci sono le fonti rinnovabili sempre evocate ma il cui contributo è ancora molto limitato. Potrebbero garantire nel giro dei prossimi decenni quote importanti del fabbisogno energetico mondiale a prezzi accettabili?
Vediamo qualche dato. Dopo un piccolo boom nei primi anni ottanta, con risorse dignitose anche sul fronte della ricerca, le energie verdi sono cadute nell’oblio, complici l’arrivo del reaganismo e il crollo del prezzo del petrolio.
Un nuovo revival si è avuto negli ultimi anni sotto la spinta del “global warming”. Tra il 1995 e il 2004 ad esempio, la potenza eolica installata nel mondo (43.000 MW) è stata del 50% più alta rispetto all’aumento netto della potenza nucleare. Il settore del fotovoltaico è esploso con ritmi di crescita superiori al 30% nell’ultimo decennio e con uno scatto lo scorso anno (+67%) che ha portato per la prima volta a superare la soglia annua dei 1.000 MWp (1.250 MWp di nuova potenza). Nel 2004 il mercato delle nuove energie verdi ha raggiunto i 20 miliardi €, un dato che segnala la fuoriuscita da un mercato di nicchia.
Per soddisfare il Protocollo di Kyoto il loro contributo sarà significativo in alcuni paesi, ma complessivamente limitato. Diversa è la situazione se si proietta lo sguardo al 2030 o al 2050.
In scenari elaborati in diverse sedi (incluse multinazionali energetiche) si considera fattibile una copertura del 50% della domanda di energia primaria entro una cinquantina d’anni.
Sul lungo periodo l’accoppiata solare-idrogeno potrebbe consentire di immaginare uno sviluppo svincolato dalla dipendenza dei combustibili fossili.
In alcuni paesi questa strategia comincia già a delinearsi. In Germania, ad esempio, l’obiettivo al 2050 è di produrre il 65% dell’elettricità e il 50% del calore con energia verde e altrettanto ambiziosi sono i targets fissati per il 2010 ed il 2020.
La riduzione dei costi legata alle curve di apprendimento in un contesto di prezzi crescenti dei combustibili fossili renderà inoltre le tecnologie verdi sempre più appetibili. Questo è particolarmente vero per i paesi in via di sviluppo che non possono certo pensare all’energia nucleare e per i quali le importazioni di petrolio rappresentano e saranno sempre più un terribile cappio che strangola le economie.
In conclusione appare ragionevole puntare su tecnologie che non presentano incognite dal punto di vista ambientale o della sicurezza, di cui si è dimostrata la possibilità di una rapida diffusione sul mercato e che hanno garantito una significativa riduzione dei costi.
Certo questo scenario ha bisogno di una chiara volontĂ politica e di adeguate risorse economiche per realizzarsi.
Ma proprio per questo, dovendo effettuare delle scelte, non ci sono dubbi che l’accoppiata efficienza energetica e utilizzo delle fonti rinnovabili dovrebbe avere la massima priorità nelle scelte dei decisori pubblici.
Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club ,18 aprile 2006
Cosa rispondere oggi?
G. Ramondetta
17 Ottobre 2007 alle 13:38
“Cosa rispondere oggi?”
Niente: un discorso talmente tendenzioso e zeppo di errori (anche molto banali alle volte!) che non merita risposta…
Trovo incredibile che chi sostiene il Protocollo di Kyoto propone come soluzione il risparmi energetico e le fonti alternative, nemmeno in parallelo con la fonte nucleare, unica seria ed economica fonte pro-Kyoto, ma AL SUO POSTO…
Ma perchè la gente prima di parlare non fa due calcoli e li presenta, così che tutti possano accettare o confutare una data tesi in base a dati oggettivi, e non in base a chiacchere al vento?
Possibile che sono l’unico tecnico che dimostra quello che dice, o con calcoli dimostrabili e pubblicamente disponibili, o con riferimenti bibliografici seri?
17 Ottobre 2007 alle 18:03
Ci risiamo il solito parere di parte: nucleare costoso, insicuro, le scorie sono ingestibili…
Lessi anch’io di questo Silvestrini qualche tempo fa: non so se è un fisico, un ingegnere o un economo ma si è sempre distinto per i giri di discorsi, dati (imprecisi) ed altro per affermare quello che dice Pecoraro Scanio: risparmiamo, il resto lo farĂ il sole ed il vento e (fra trent’anni, forse) l’accoppiata idrogeno-solare.
Il Kyoto club,da quando esiste, si è sempre detto contro il nucleare “senza se e senza ma”: ovvio, in questo caso è come andare in un sito ecologista e chiedere che ne pensano del nucleare.
Per le risposte al sig. Silvestrini, lo rimando a tutta la documentazione presente sul questo forum; soprattutto alle varie discussioni che hanno affrontato tutti quelle problematiche che, a pare mio, Silvestrini e il Kyoto Club ignorano.
17 Ottobre 2007 alle 22:11
Silvestrini è ingegnere e membro della European Photovoltaic Technology Platform, un comitato appartenente alla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea composto da 20 esperti, di cui Silvestrini è l’unico italiano. Compito dello steering committee è definire le linee guida e le azioni necessarie a far crescere il fotovoltaico nei paesi europei.
Quindi da qui si spiega da dove viene la scelta paurosamente sbilanciata di Pecoraro Scanio verso il fotovoltaico?
18 Ottobre 2007 alle 00:25
Alcune considerazioni sulle posizioni di Ramondetta
Intanto mi fa piacere che faccia notare che le previsioni sull’espansione del nucleare fatte negli anni 1970 per il 2000 erano tutte sballate. Perchè sono contento? Non certo perchè c’è meno nucleare del previsto ma perchè è da quando sono ragazzo che mi tolgo lo sfizio di controllare se si avverano le previsioni, sia quelle fatte dai colletti bianchi che quelle fatte da maghi e santoni è c’è un dato costante e sicuro: praticamente NON CI AZZECCA MAI NESSUNO! E’ l’unica certezza e SICCOME E’ UN DATO SPERIMENTALE, scherzando si potrebbe dire che QUESTA E’ UNA AFFERMAZIONE SCIENTIFICA. E’ anche logico: le previsioni servono per sostenere le scelte fatte nel presente, che normalmente sono fatte nell’interesse di qualcuno o qualcosa e non centrano niente col futuro. Quindi non c’è nessun motivo per dare credito a una previsione piuttosto che a un’altra. Quindi nel post citato c’è giĂ la miglior smentita possibile per le affermazioni successive che prevedono grandi espansioni delle rinnovabili da solare e una immotivata riduzione del nucleare: il futuro è un’altra cosa.
Curioso poi che si faccia riferimento al “wishful thinking” a proposito del nucleare mentre si danno certezze su immense espansioni di tecnologie (solare, eolico) che nel duemila fornivano lo 0.04% dell’energia mondiale. Queste energie avranno anche goduto di notevoli incrementi percentuali negli ultimi anni, ma partendo da quelle cifre non ci vuole molto. Non ci sono invece motivi per credere in un possibile incremento che le portino a valori significativi per il futuro. Almeno con le tecnologie attuali. Questo tipo di rinnovabili è noto da tempo. Ci potrĂ essere qualche miglioramento ma quello che possono dare è noto. Se ci saranno scoperte energetiche sconvolgenti nei prossimi anni non è dato a sapere, potrebbe anche non succedere e non possiamo certo basare la nostra economia su quello. La convenienza e la praticabilitĂ dell’idrogeno come vettore è poi tutta da dimostrare anche se le difficoltĂ qui non sembrano insuperabili. Per contro il nucleare si basa su una tecnologia che gode ormai di notevole esperienza e con l’EPR ha dimostrato di saper fare progressi notevoli. I reattori di nuovo tipo (IV generazione) sono sì ancora oggetto di ricerca ma solo per la progettazione e la messa a punto sulla base di processi fisici ben noti e sperimentati. Hanno bisogno, in sostanza, solo di una ingegnerizzazione. Quindi su questi ultimi sembrerebbe logico fare affidamento e non sulle possibili (ma non ancora fatte) scoperte sul solare.
Quindi un’espansione del tipo di rinnovabili che piacciono a chi decide la politica energetica italiana (fotovoltaico, solare termodinamico) è, a oggi, pensabile solo attraverso un massiccio incremento delle quantitĂ di potenza installata. Ed è qui che nasce il problema. Come dice quella pubblicitĂ “certe cose non hanno prezzo” nel senso che non tutto si può comprare. Faccio un esempio. A volte si legge che basterebbe una piccola frazione della superficie del Sahara per produrre col solare tutta l’energia che serve per l’uomo ed in effetti basta fare due conticini: fabbisogno mondiale 10000Mtep/anno pari a 116 milioni di GWh, irraggiamento medio nel Sahara 275 W/m^2, rendimento 10% circa, e viene fuori una superficie di 475000 km^2 (un po’ meno della francia) che andrebbe naturalmente tutta rivestita in pannelli. La superficie occupata sarebbe invece molto maggiore perchè fra i pannelli ci vuole posto. Sembra poco? Bisogna pensare che questi oggetti vanno costruiti e allora ci si deve confrontare con la capacitĂ produttiva: la produzione attuale di pannelli mi sembra sia intorno a 10 km^2 (dato congruente col fatto che in pochi anni la Germania, primo produttore di fotovoltaico al mondo, ha montato un po’ piĂą di 6 km^2 ottenendo lo 0.1% del proprio fabbisogno). Ai ritmi attuali ci vorrebbero allora 47500 anni per produrre quei pannelli: dato che, fra il resto, ci garantisce riguardo al fatto che i tempi di montaggio non rappresenterebbero un possibile collo di bottiglia. Potrei continuare osservando che per i pannelli ci vuole un supporto in alluminio e/o in acciaio ecc… Anche qui se si guarda, ad esempio, alla produzione mondiale di acciaio (circa 1.2*10^12 kg pari a 0.15 km^3 in un anno corrispondente a un lamierino da 0.3 mm sotto la superficie dei pannelli) vengono fuori dati incongruenti perchĂ© quanti anni ci vorrebbero per produrre anche tutti gli altri supporti tipo le colonne, le viti, i profilati, le saldature ecc.. E poi quante persone ci vorrebbero per tenere perfettamente pulita una superficie in pannelli grande come la Francia? e quanti cavi? e quanto cemento per le opere di fondazione e supporto? Quante bombole o gasdotti per l’idrogeno da distribuire nel resto del pianeta? Quanti rischi?
Con questo esempio ho voluto solo dimostrare che non si può impostare il discorso sull’energia solo in termini economici perchè oltre certi valori della domanda il fatto che il costo delle fossili aumenti potrebbe non significare niente.
30 Maggio 2016 alle 22:35
helly,
Con questo cosa vorresti dire?
Ricorda che gli analisti finanziari spaccano il capello in quattro.
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http://renzoslabar.blogspot.it/2015/10/mafia-capitale.html
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