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I reattori nucleari HTR sperimentali e le loro potenzialità

5 Luglio 2007 di Amministratore

Vincenzo Romanello ci ha mandato un documento che illustra alcune caratteristiche dei reattori nucleari ad alta temperatura (HTR - High Temperature Reactors, o HTGR - High Temperature Gas cooled Reactor, come questi reattori sono chiamati negli Stati Uniti), con particolare riferimento alle loro applicazioni non elettriche quali la produzione di idrogeno ed il bruciamento delle scorie nucleari.

L’argomento è affrontanto partendo dalla metà degli anni ‘50, quando una serie di studi sui reattori a gas ad alta temperatura furono avviati nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Germania.
Questi reattori sono caratterizzati da un nocciolo completamente ceramico e da un refrigerante neutronicamente non attivo e non corrosivo (gas elio) in modo da poter avere alte temperature operative.

I reattori HTR hanno fra le loro peculiari caratteristiche quella di poter essere usati per la produzione di idrogeno. Per attuare infatti una transizione ad una economia all’idrogeno (come prospettato da Jeremy Rifkin nell’ omonimo libro) occorre disporre di tecnologie che forniscano quantitativi abbondanti di questo gas, a prezzi economici e che siano rispettose dell’ambiente.

Ed ancora, viene detto che una simbiosi dei cicli di combustibile dei reattori LWR ed HTR potrebbe portare ad una effettiva minimizzazione delle scorie (con una riduzione della massa degli attinidi, e quindi anche degli ingombri, in merito al deposito permanente) grazie alle favorevoli caratteristiche neutroniche di quest’ultimo sia in termini di economia neutronica (la sezione di cattura del carbonio è 100 volte inferiore a quella dell’acqua) che di spettro maggiormente epitermico. Il reattore HTR inoltre consente una notevole flessibilità nella scelta dei combustibili senza modifiche sostanziali nella geometria del nocciolo.

In altri termini questi tipi di reattori consentirebbero di “bruciare” il plutonio (considerato oggi per lo più una scoria), fertilizzando il torio (2,5 volte più abbondante dell’ uranio sulla crosta terrestre), e nel contempo producendo elettricità , idrogeno per l’autotrazione, ed ulteriori applicazioni del calore a bassa temperatura (ad esempio il teleriscaldamento e/o la desalinizzazione dell’ acqua).

Dal punto di vista delle realizzazioni di reattori sperimentali sono attualmente in funzione due reattori, uno di tipo a blocchi (HTTR) ed un altro di tipo a pebble (HTR-10).

Si può scaricare e leggere per intero il documento “I Reattori Nucleari HTR Sperimentali e le loro Potenzialità “ di V. Romanello (luglio 2007)
(file pdf, 19 pagine e circa 1,40 Mb)



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  • 17 Commenti a “ I reattori nucleari HTR sperimentali e le loro potenzialità”

    1. Pietruccio scrive:

      Per Vincenzo

      Sai qualcosa sui costi tipici per questo tipo di reattori ?

      Caio Pietruccio

    2. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Puoi dare uno sguardo qui, ad esempio:

      iaea.or.at/programmes/inis/aws/htgr/fulltext/htr2004_a11.pdf

      Si parla di costi inferiori a 1500 $/kW (probabilmente dell’ordine di 1000 per ordini multipli), tempi di costruzione di 4 anni, non necessità di piani emergenza.

    3. domenico scrive:

      queste tecniche ,penso, siano l’inizio della fine dell’era del petrolio.

      sarebbe ora di darsi una mossa

      salutoni a tutti

    4. Alessandro scrive:

      A proposito di incenerimento delle scorie/attinidi per mezzo di reattori HTGR (a “pebble” o a “blocchi”), ci sono diversi lavori sul web, per es.

      http://www3.inspi.ufl.edu/icapp04/program/abstracts/4038.pdf
      http://aaa.nevada.edu/pdffiles/nov1104/leon.pdf

      In particolare, visto che il prototipo di Peach Bottom ha lavorato con bup dell’ordine dei 750 MWd/kg, questi bup potrebbero essere usati almeno inizialmente per l’incenerimento degli attinidi prodotti dalle filiere odierne dei LWR?
      Pensate sia possibile convertire, con minime modifiche, uno stesso HTGR che abbia lavorato con uranio leggermente arricchito per usare torio o per l’incenerimento delle scorie in modalità “deep burn transmutation”?

      Inoltre questo foglio sostiene
      iaea.org/inis/aws/fnss/fulltext/ictp2005_Gudowski_Trieste-20...

      (pag. 37 e seguenti)

      ” the self-cleaning MHR is fueled mostly with fresh LEU (15-20% enr.) and
      partly (20-25%)
      with Deep Burn TRISO fuel obtained by reprocessing its own spent fuel.
      The SC-MHR utilizing standard MHR parameters (vessel size and power), will
      have a
      fuel-to-power ratio of 15-20 MWe-yr per ton of Uranium, enough to support
      the largescale
      1000 GWe scenario for more than 200 years using US surface Uranium”…”TRISO
      fuel Deep Burn and Reprocessing will allow MHRs to be deployed in the
      thousands of units necessary for the large-scale adoption of nuclear power”…”The waste generation from the Self-Cleaning MHR is projected to be in
      the range 30-40 kg of Transuranics per MWe-yr (mostly Pu-242, of low heat
      generation and with no value for weapons use) ”

      Non capisco da dove vengano questi numeri (” 15-20 MWe-yr per ton of natural Uranium “)
      E’ mai possibile che il solo contributo dell’incenerimento delle scorie moltiplichi almeno per un fattore 3 o 4 l’energia estraibile dall’ uranio naturale?

      Su entrambi i quesiti mi piacerebbe vivamente conoscere le vostre opinioni, dell’ing Romanello o di altri

    5. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Non per essere autoreferenziale, ma ci sono anche diversi nostri lavori (il nostro sito è dedicato per l’appunto agli HTGR: http://www2.ing.unipi.it/~d0728/GCIR/gcir.htm). Ce ne occupiamo ormai da anni.
      I reattori potrebbero essere usati per incenerire e ridurre almeno di un fattore 10 le scoriue degli LWR, come emerge dalla mia tesi di laurea (vedi sopra - se si scarica e legge il documento .pdf ci sono anche le figure).
      Usando sei cicli simbiotici (associando cioè un reattore veloce ad alto flusso i risultati sarebbero davvero sensazionali, si veda il lavoro che abbiamo presentato ad Oak Ridge nel 2005: http://www.nea.fr/html/science/meetings/ARWIF2004/6.02.pdf).
      Se si ha la pazienza di leggere la mia tesi si vede che i calcoli dimostrano che questo tipo di reattori, grazie alle eccellenti proprietà neutroniche, possono bruciare gli attinidi derivanti dagli LWR, fertilizzare il torio, ricavare energia ad altissimo rendimento (date le altissime temperature), produrre idrogeno e desalinizzare l’acqua marina. Poichè la densità di potenza è bassissima, e per lo più trattasi di strutture interrate, anche in caso di LOCA (perdita di refrigerante, il massimo incidente) il calore viene dissipato passivamente: un piano di evacuazione non è più necessario (nemmeno nel peggior scenario incidentale possibile).
      Quello che mi ha impressionato sin da subito di questi reattori è l’altissimo burnup: se da un kg di uranio i vecchi reattori LWR potevano estrarre 30 000 kWd (1 kWd=24 kWh), i nuovi arrivano a 60 000, gli HTR possono arrivare ad 800 000 (oltre 13 volte tanto)!

    6. Alessandro scrive:

      Non vorrei sembrare eccessivo, ma i vostri studi dell’univ di Pisa mi sembrano del tutto irrealistici; a parte che non vedo come nei prossimi 50 anni si possa costruire in Italia o in Europa o altrove un reattore veloce a gas visto che nessun prototipo è stato mai realizzato nemmeno in piccola scala, questa storia dei cicli simbiotici mi sembra niente più che una sciocchezza. L’obiettivo è invece quello di fare il max con la tecnologia esistente e con un numero minimo di costosi ritrattamenti del combustibile (possibilmente uno solo),mi spiego meglio.

      Come sappiamo il combustibile triso è molto difficile da ritrattare (nessuna tecnologia è mai stata sviluppata, nemmeno in piccola scala) ed inoltre non esisite attulmente una tecnologia che estragga gli attinidi anche dal semplice combustibile LWR, a parte le tecnologie sviluppate ed ampiamente provate in Usa nel progetto “integral fast reactor” che sicuramente conoscete:
      si tratta di convertire in metallo il combustibile sotto forma di ossido dei LWR ed estrarne tutti gli attinidi contemporaneamente in un processo di ritrattamento “secco” (detto pirometallurgico o piroprocesso) posto nello stesso sito del reattore per “bruciarli” in un reattore veloce refrigerato al sodio; siccome il bup raggiunto è dell’ordine del 15/20%, occorrono almeno 5 di questi cicli di ritrattamento/irraggiamento

      http://www.nuc.berkeley.edu/designs/ifr/wastes.html

      Oppure con i reattori HTGR si possono evitare questi cicli di ritrattamento, alimentando il reattore (prendiamo ad es. in esame la configurazione a pebble che sarà la prima ad essere commercialmente sviluppata in SA nei prossimi anni) parzialmente di sfere triso contenenti soli attinidi, a patto che queste sfere riescano a raggiungere bup elevati possibilmente prossimi al 100% almeno per le sfere che contengano solo PU e MA, ad es.a Peach Bottom 750 GWD/t HM pari a quasi l’80% del bruciamento, il resto potrebbere essere incenerito passando le stesse sfere, senza ULTERIORI ritrattamenti (che sarebbero economicamente improponibili, già uno è tanto!) in un acceleratore sottocritico ADS o strategie simili.

      http://www3.inspi.ufl.edu/icapp04/program/abstracts/4038.pdf
      http://aaa.nevada.edu/pdffiles/nov1104/leon.pdf
      iaea.org/inis/aws/fnss/fulltext/ictp2005_Gudowski_Trieste-20...

      I vantaggi rispetto all’ IFR: primo si sfruttano infrastrutture già esistenti (per stabilizzare la produzione di attinidi con sistemi IFR un reattore su 4 dovrebbe essere veloce al sodio, a parte i costi ciò è politicamente improponibile) , il reattore all’uranio viene facilmente convertito per bruciare attinidi e il ritrattamento inizialmente del combustibile LWR avviene solo una volta all’inizio, anzicchè 5 almeno e l’energia prodotta dagli attinidi evita il ricorso di parte dell’uranio naturale, un pò come avviene per i LWR con l’uso dei MOX, ovvero circa un terzo di energia in più da essi ricavata.

      Purtroppo che io sappia, correggetemi se sbaglio, a parte la difficoltà di trattare il combustibile triso, non è mai stato sviluppato a nessun livello un sistema tipo quello pirometallurgico dell’IFR per il ritrattamento degli ossidi e non credo che il sistema sviluppato per l’IFR possa essere in qualche modo convertito anche per trattare gli ossidi

    7. Alessandro scrive:

      Oppure come dicevo una strategia alternativa sempre nella configurzione a pebble è di creare un “blanket” (o cmq una zone esterna di sfere meno reattive) di sfere al solo torio ed un “seed” centrale con sfere con solo combustibile miscelato plutonio + attinidi minori, cioè il vero “target” dell’incenerimento

    8. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      E invece, almeno da un punto di vista neutronico, i cicli simbiotici sono una cosa molto seria (calcoli alla mano). Poi ci saranno delle difficoltà tecnologiche da superare, ma non certo insormontabili (infatti parliamo di un argomento di ricerca: non è certo una tecnologia già provata!). Quanto al ritrattamento del TRISO si può fare: esistono gli studi dei giapponesi in merito (che vedrò di citare).

      E’ ovvio inoltre che non si parla di un banale ciclo ‘in cascata’: si tratterebbe per lo più di ottimizzare il numero di passaggi nel core, il rapporto fra il numero di LWR-HTR-GCFR (dei calcoli di massima mi fanno supporre che basterebbe un solo GCFR, o reattore veloce simile, per bruciare tutte le scorie di una nazione come la nostra), il tempo di decadimento del combustibile porima di ri-immeterlo nel ciclo. Si tratta di una stategia di bruciamento: con l’articolo pubblicato a Marrakech siamo andati un pezzo avanti (ancora non disponibile online, spero a breve).
      Non mi pare che realizzare macchine del tipo ADS sia tanto più semplice ne vicino come orizzonte temporale…

    9. Ing. Guglielmo Lomonaco scrive:

      La premessa al discorso è che noi (DIMNP - Università di Pisa) ci occupiamo al momento della parte neutronica e termofluidodinamica relativa ai reattori innovativi refrigerati a gas e non siamo “esperti” nella parte relativa alla scienza dei materiali. Comunque da buoni ingegneri, ci siamo ovviamente interessati alla fattibilità tecnica (almeno teorica) delle soluzioni da noi prospettate (per ulteriori approfondimenti rimando al JRC-ITU in Germania o alla JAERI in Giappone). Per tanto è necessario fare alcune precisazioni in merito alle obieizioni di Alessandro.
      La prima è che la forma più probabile di combustibile che verrà usata nei reattori veloci futuri non saranno gli ossidi ma carburi e/o nitruri e/o ossicarburi, quindi quando si parla di riprocessamento, almeno per quanto attiene a questa tipologia di reattori, è a questa forma chimico-metallurgica che bisognerebbe fare riferimento.
      La seconda, relativa più nello specifico alla nostra proposta di cicli simbiotici, è che il combustibile sotto forma di TRISO è usato solo nei reattori termici (HTR o, seguendo la notazione non europea, HTGR) e non nei reattori veoci refrigerati a gas (GCFR o, all’americana, GFR). Quando si parla di riprocessamenti mutipli si fa riferimento al combustibile del GCFR (che, ripeto, non è sotto forma di TRISO ma sarà molto probabilmente sotto forma di piastre semiomogenee parallele in assembly esagonali, vedi ad esempio il cap. 1 della mia tesi di dottorato http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=17893). Il riprocessamento delle TRISO sarebbe solo uno per ogni ciclo (alla fine del bruciamento negli HTR con gli elevati propsettati da Alessandro, per altro non possibili per motivi di compatibilità chimico-strutturale se nel combustibile è presente anche uranio; in questo caso i burnup massimi raggiungibili sarebbero dell’ordine dei 150 GWd/t: è questo il motivo per cui nella nostra proposta gli HTR sarebbero caricati solo con TRU e Th, escludendo così l’U). Inoltre i riprocessamenti da noi proposti prevedono solo seperazioni chimiche e non isotopiche, redendendo di fatto improponibile la diversione del materiale ai fini di eventuale proliferazione. Di più nella nostra proposta i materiali “consumati” sarebbero quelli che oggi vengono, di fatto, considerati “scarti”: uranio depleto (DU), torio (Th) e transuranici (TRU). Infine rispetto alla soluzione ADS (che comunque presenta, almena in linea di principio, alcuni vantaggi) va rimarcato il fatto che il GCFR è un reattore (che produce energia senza apporti esterni) e non un semplice bruciatore (l’ADS prevede l’uso di un acceleratore con un bilancio energetico totale che, almeno inalcuni dei progetti proprosti sarebbe negativo; inoltre la presenza dell’acceleratore oltre a “complicare” la gestione dell’impianto avrebbe un “peso” economico non trascurabile: l’economia, quando si parla di produzione energetica non è una variabile trascurabile…).
      La terza: la presenza del blakent andrebbe attentamente considerata dal punto di vista dei possibili rischi di proliferazione.
      Infine, last but not the least, dire che i nostri studi sono una sciocchezza perchè
      >
      è una definizione che, nella migliore delle ipotesi, lascia un po’ il tempo che trova per almeno tre motivi:
      - Il Superphoenix mi pare proprio che esistesse e funzionasse e che fosse esattamente un prototipo di reattore veloce…
      - A Cadarache si sta per costruire nell’ambito di un consorzio internazionale (di cui, guarda caso, anche gli irrealistci “creatori” di sciocchezze pisani fanno parte…) un reattore sperimentale di tipo GCFR (Experimental Test Demonstration Reactor, in sigla ETDR, per approfondimenti vedi sempre http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=17893)
      - Infine dire che una cosa sia (tecnologicamente) irrealisitica solo perchè attualmente è (politicamente) non realizzabile e proponibile non mi pare un discorso da persone di “scienza”…

    10. Alessandro scrive:

      Alcune veloci considerazioni per gli ing. Romanello E Lo Monaco.
      Con il termine “sciocchezze” non intendevo certo mettere in dubbio la serietà accademica dei vostri studi, non è questo il punto, quanto la possibilità pratica che realisticamente nei prossimi anni o decenni davvero si possa praticamente affrontare in questa maniera l’incenerimento delle scorie. E sia ben chiaro che non ho mai affermato che i problemi sono solo politici o di accettazione sociale, quanto sopratutto economici: il SF avrà pure funzionato egregiamente in fin dei conti (come attualmente fa il BN-600 in Russia, circa 40 miliardi di kWh prodotti negli ultimi 20 anni), ma come sappiamo è costato più di 9 miliardi di euro, senza contare i costi degli impianti di ritrattamento e a parte il fatto che ha funzionato come “converter” per la fertizzazione dell’ U-238 e non come “burner” di attinidi, lo steso farà il vostro prototipo a gas immagino
      Non capisco inoltre come fate a dire che in un ciclo LWR/HTR/reattori veloci è sufficiente ritrattare il combustibile una sola volta se per vostra stessa ammissione ognuna di questa filiera ha caratteristiche del combustibile totalmente diverse (e ci mancherebbe!), persino stechiometriche e come eventualmente sarebbe sufficiente un solo reattore veloce per stabilizzare la produzione di scorie per l’intero paese : con una produzione di attinidi negli attuali LWR di 350 kg per GWanno di elettricità se i 2/3 dell’elettricità italiana fossero prodotti dal nucleare, diciamo 25 GWa/anno di produzione di elettricità nucleare, e con una produzione di 1 MWgiorno per grammo di “attinide fissionato” occorrerebbero 350000*25*24000*0,4 = 9,6 GWa, corrispondente a circa 10 GW di potenza da installare di “burners” (non necessariamente veloci) al 100% della capacità . Se pensate che ciò sia realistico niente in contrario, per me va benissimo sia chiaro…ma i limiti di questa strategia si vedono già tutti

      Più realistico sarebbe secondo me, ritorno a dire, usare una strategia equivalente a quella dei MOX nei LWR, ovvero ritrattare il combustibile (inizialmente dei LWR, successivamente anche dei HTGR, oggi meno noto e più complesso) possibilmente con gli stessi processi “secchi” pirometallurgici sviluppati nel progetto integral fast reactor (IFR, in maniera tale da estrarre contemporaneamente tutti gli attinidi e non solo il plutonio con minor rischi di proliferazione) e riciclare tutti gli attinidi in reattori HTR ad es. quelli pebble bed in costruzione in SA e Cina in triso dedicate ad alto bup (prossimo al 100% come Peach Bottom) quindi senza uranio o al torio, conservando in parte il ricorso all’uranio arricchito
      A ben vedere l’uso dell’ ADS non è nemmeno strettamente necessario se si riescono veramente a raggiungere nel reattore “critico” bup elevati nelle triso al Pu/attinidi tali da raggiungere frazioni di incenerimento degli attinidi prossimi alla totalità , vedasi studi linkati

      http://www3.inspi.ufl.edu/icapp04/program/abstracts/4038.pdf
      http://aaa.nevada.edu/pdffiles/nov1104/leon.pdf
      iaea.org/inis/aws/fnss/fulltext/ictp2005_Gudowski_Trieste-20...

      Ovviamente, anche limitandoci inizialmente al solo combustibile LWR che oggi rappresenta la quasi totalità delle scorie accumulate, non esiste che io sappia un sistema per riprocessare il combustibile in forma di ossido per estrarne in qualche forma gli attinidi e non solo il PU e l’uranio come nei processi PUREX, oggi largamente sviluppati ; nel IFR si deve convertire prima l’ossido in metallo, un’ulteriore conversione da metallo in ossido sarebbe probabilmente molto onerosa ed anche i fattori di decontraminazione per i piroprocessi, correggetimi se sbaglio, non sono tanto elevati come i PUREX, anche se i piroprocessi sono enormemente più compatti, tanto da permettere la soluzione ” integrale ” nello stesso sito del reattore e comportano una produzione di rifiuti radioattivi secondari decisamente più bassa rispetto ai PUREX

      Se è possibile gradirei delle risposte punto per punto alle mie precise domande e non il semplice rimando a lavori o tesi di laurea peraltro incomplete, è già abbastanza frustante perdere tutto questo tempo per scrivere delle considerazioni elaborate ricevendo in cambio solo risposte vaghe ed evasive e d’altra parte un sito del genere dovrebbe servire a questo

    11. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Capisco le contestazioni, ma bisogna rendersi conto che non si può ‘raccontare’ una tecnologia complessa via e-mail, per lo più senza rimandare a lavori più organici. Credo sia impossibile.

      Come dicevo bisognerebbe ottimizzare il rapporto LWR-HTR-GCFR: questo studio è in corso. L’HTR brucia bene il plutonio e l’americio, peggio il curio (che nemmeno col GCFR si riesce a bruciare efficacemente). Si devono attuare quindi ulteriori escamotage (che abbiamo suggerito nell’ultimo lavoro presentato a Marrakech). E’ impossibile intraprendere una discussione così tecnica senza aver letto nella loro interezza i documenti tecnici.

      Quasi tutti gli studi a livello internazionale si sono concentarti sui sistemi ADS (chiamati, almeno una volta, ‘Rubbiatroni in onore di Rubbia che li rilanciò - oggi sembra essersene dimenticato!), che certamente non rappresentano delle soluzioni nè semplici nè tanto vicine temporalmente.
      L’idea iniziale fu quella di bruciare le scorie prodotte dagli LWR con gli HTR, ma le simulazioni neutroniche dimostrarono che questi non bastavano per chiudere il ciclo.

      “A ben vedere l’uso dell’ ADS non è nemmeno strettamente necessario se si riescono veramente a raggiungere nel reattore “critico” bup elevati nelle triso al Pu/attinidi tali da raggiungere frazioni di incenerimento degli attinidi prossimi alla totalità , vedasi studi linkati”

      Appunto, sarebbe bello, ma non si può. Calcoli (MONTEBURNS+CARL) alla mano. Del resto la nostra è una proposta, neutronicamente sicuramente valida. Come tutte le tecnologie naturalmente ci saranno problemi di varia natura e la strada è tutta in salita (mi pare ovvio!). Attendo (come sempre) proposte migliori (magari prima di dire che il nostro lavoro è una porcheria)…

    12. Ing. Guglielmo Lomonaco scrive:

      La migliore risposta ai quesiti posti da Alessandro è stata fornita dal collega ed amico Vincenzo Romanello: è quanto meno assai arduo rispondere correttamente da un punto di vista tecnico scientifico ed in maniera esaustiva ai quesiti sollevati “riducendo” le risposte entro gli angusti limiti di una email. Ed a volte si incorre facilmente in errori e/o incomprensioni, come si evince dall’ultimo intervento di Alessandro.
      Cercherò quindi, per quanto possibile, di fornire “delle risposte punto per punto alle mie precise domande e non il semplice rimando a lavori o tesi di laurea peraltro incomplete” [OT: perchè le tesi di laurea sarebbero incomplete???].
      1) Non ho mai detto che la nostra proposta di ciclo simbiotico prevederebbe un solo riprocessamento del combustibile, ma che “il riprocessamento delle TRISO sarebbe solo uno per ogni ciclo“. Detto in altri termini (per cercare di essere più chiaro): solo il combustibile usato negli HTR sotto forma di TRISO sarebbe riprocessato una sola volta e con gli attinidi estratti (addizionati di una opportuna quantità di DU) si “costruirebbe” la prima carica per il reattore GCFR (il cui combustibile non sotto forma di TRISO e pebble sarebbe invece sottoposto a vari riprocessamenti preferibilmente in-situ).
      2) Per ciò che concerne le quntità di combustibile/attinidi in gioco, se si ha la pazienza di leggere i nostri articoli, si può facilmente capire che la nostra proposta prevede un “dimensionamento” relativo fra i vari reattori in un ipotetico futuro parco reattori che non è 1 LWR/ 1 HTR / 1 GCFR: tanto per fare un esempio per trattare gli attinidi in uscita da un HTR sarebbero necessari qualcosa come 17 GCFR; in ogni caso è bene rimarcare che la tematica è complessa, che i rapporti cambiano a seconda che si parli di cicli all’equilibrio o ad inzio vita e che la taglia e la tipologia della forma di combustibile dell’impianto (cose che per i GCFR non sono ancora completamente definite) chiaramente influenza questi rapporti relativi.
      3) Il reattore sperimentale ETDR è stato concepito in un’epoca diversa dal SF: se per quest’ultimo la priorità era aumentare la disponibilità del combustibuile (da cui la sua funzione principale di breeder dell’U) per il primo la priorità (o almeno una delle priorità è il bruciamento degli attinidi (e difatti già ci siamo occupati nell’ambito di un consorzio internazionale di valutare le capacità della filiera GCFR come burner di attinidi).
      4) Sull’idea di usare solo gli HTR per risolvere il prioblòema della pericolosità a lungo termine delle scorie la risposta è stata già sostanzailmente data dal collega Romanello: sarebbe bello ma, purtroppo, questo, calcoli alla mano non è possibile: il Cm244 tende ad accumularsi in qualsiasi condizione e con qualsiasi tipo di ciclo (nel solo HTR: diverso è se si usa un GCFR a valle…) e dopo qualche decina di anni (tempo di attesa non compatibile da un punto di vista “realisitico” per poter pensare di attendere prima di reimmetterlo in un reattore…) decade in Pu240 che dal punto di vista della radiotossicità a lungo termine è sicuramente un problema.
      5) Spero che la mia risposta sia stata abbastanza “esauriente” e non solo un insieme di “rimandi” a lavori più o meno “incompleti” (?!?)

      Quando si affronta una tematica da un punta di vista tecnico-scientifico che sia davvero corretto, non si può prescindere dalla realtà “fisica” con cui abbiamo a che fare, anche se qusta “contrasta” con i nostri “desiderata”…

    13. Alessandro scrive:

      ” L’HTR brucia bene il plutonio e l’americio, peggio il curio (che nemmeno col GCFR si riesce a bruciare efficacemente). Si devono attuare quindi ulteriori escamotage (che abbiamo suggerito nell’ultimo lavoro presentato a Marrakech). E’ impossibile intraprendere una discussione così tecnica senza aver letto nella loro interezza i documenti tecnici.”

      Bè, il curio se non sbaglio (praticamente solo il 244, gli altri isotopi sono praticamente tutti quasi trascurabili) rappresenta solo qualche grammo per tonn di combustibile spento e decade in 20 anni nel Pu-240 da quanto leggo qui
      nea.fr/html/pt/docs/iem/jeju02/session6/SessionVI-12.pdf
      Anche se non si riuscisse a raggiungere con un solo ciclo di ritrattamento/irraggiamentto il 100% dell’eliminazione degli attinidi, sarebbe cmq un bel passo avanti,non è tutta questa tragedia

      Cmq i lavori che avete linkato li ho letti tutti, a parte questo di Marrakech che non conosco e quello citato da Lo Monaco tesionline.it/consult/pdfpublicview.asp?url=../__PDF/17893/1...
      semplicemente perchè è a pagamento e non c’è nulla da leggere

      ” Attendo (come sempre) proposte migliori (magari prima di dire che il nostro lavoro è una porcheria)… ”

      A parte che (ripeto) non ho mai affermato una cosa del genere, la mia proposta è, indipendentemente dalla migliore filiera da utilizzare, innanzitutto di sviluppare almeno su piccola scala un valido processo di ritrattamento , possibilmente capace di trattare il combustibile sottoforma di ossido, di gran lunga il più usato anche in futuro, anzicchè di metallo e quindi di separare l’uranio ancora leggermente arricchito (circa l’1 %), eventualmente riciclabile in reattori ad acqua pesante, i vari attinidi (possibilmente tutti insieme e non solo il plutonio come nei piroprocessi “alla” IFR) e il resto dei prodoti di fissione, grosso modo tutti senza alcuna finalità energetica (o militare) e a bassa vita media che possono essere direttamente mandati al sito di stoccaggio.

      Non ho ben capito se i sistemi di ritrattamento secchi sviluppati nell’IFR necessitano la conversione da ossido a metallo per la fisica del metodo di ritrattamento o proprio perchè il reattore veloce stesso lo richiede

      Su poi che cosa fare degli attinidi, secondo la mia modesta opinione o si replica in tutto e per tutto il progetto dell’ IFR con combustibile metallico e reattori veloci al sodio o si cerca di fare il max possibile con gli attuali o futuri reattori termici, in particolare i “pebble bed” di tipo sudafricano sono quelli che meglio si prestano allo scopo, sia perchè raggiungeranno a breve lo sviluppo commerciale, sia perchè permettono di raggiungere elevati burn-up (e quindi la minimizzazione dei ritrattamenti) e di essere “caricati” in parte o totalmente con solo Pu o attinidi; eventualmente in un lontano futuro il combustibile spento TRISO senza ulteriori ritrattamenti può essere ri-irraggiato in sistemi ADS per il completamento del bruciamento degli attinidi ancora rimasti

    14. Alessandro scrive:

      ” Bè, il curio se non sbaglio (praticamente solo il 244, gli altri isotopi sono praticamente tutti quasi trascurabili) rappresenta solo qualche grammo per tonn di combustibile spento e decade in 20 anni nel Pu-240 ”

      Non vorrei dimenticare anche il Np in particolare il 237 (t 1/2 molto elevato) che viene prodotto secondo la tab di cui sopra al ritmo di frazioni di kg per ton di U, solo che non so se sia particolarmente facile o meno da fissionare in campo termico/veloce

    15. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Naturalmente il nettunio rappresenta, date le quantità in gioco e dati i periodi di dimezzamento, un grosso problema per lo scarico degli LWR. Ma la buona notizia è che dalle simulazioni effettuate abbiamo visto che questo nuclide viene bruciato ottimamente nel reattore HTR. Quanto al curio 244, vero problema da risolvere, presenta un periodo di dimezzamento di soli 18 anni, ma decade in plutonio 240, che a sua volta è radiotossico e decade molto lentamente. E’ un problema (ma risolubile, abbiamo già avanzato delle proposte). Il fatto è che la pericolosità delle scorie non si misura in grammi, ma più verosimilmente in Sv, o anni (LOMBT: Level Of Mine Balancing Time).
      Quanto alle tecniche di riprocessamento, sono da definire nel dettaglio, ma non dovrebbero rappresentare una barriera insormontabile…

    16. Alessandro scrive:

      Sono perfettamente consapevole che la tossicità delle scorie non si misura in peso, tuttavia mi interessava capire in quella fase quale frazione degli attinidi prodotti possono essere effettivamente eliminati e quindi quanta energia può essere ulteriormente prodotta, dato che un grammo di “scoria” fissionata produce attorno al MWgiorno di energia termica, ovvero più di 3 tonn di un buon carbone
      Per es. in uno dei doc che ho citato, cioè questo
      iaea.org/inis/aws/fnss/fulltext/ictp2005_Gudowski_Trieste-20...
      si afferma che in questo modo l’elettricità ricavabile da un kg di uranio naturale può essere persino triplicata
      “TRISO fuel Deep Burn and Reprocessing will allow MHRs to be deployed in the
      thousands of units necessary for the large-scale adoption of nuclear power.
      The self-cleaning MHR is fueled mostly with fresh LEU (15-20%enr.) and partly (20-25%)
      with Deep Burn TRISO fuel obtained by reprocessing its own spent fuel.
      The SC-MHR utilizing standard MHR parameters (vessel size and power), will have a
      fuel-to-power ratio of 15-20 MWe-yr per ton of Uranium, enough to support the largescale
      1000 GWe scenario for more than 200 years using US surface Uranium”

      ” The waste generation from the Self-Cleaning MHR is projected to be in
      the range 30-40 kg of Transuranics per MWe-yr (mostly Pu-242, of low heat
      generation and with no value for weapons use).
      At these levels, the fission products become a dominant factor in
      determining the Repository capacity and no more gain would be obtained
      by further actinide destruction ”

      Un’ultima domanda, probabilmente molto stupida, sul ritrattamento del combustibile triso : visto che il grosso della massa del combustibile triso è grafite (per es. 200 g nei PBMR sud africani per 10 g di uranio arricchito per sfera), è possibile concepire un riciclo oltre che del combustibile anche della stessa grafite per la fabbricazione di nuove sfere?

    17. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Dunque, essendo questa tecnologia ancora in fase di sviluppo, ed occupandoci per ora noi solo di calcoli neutronici, abbiamo ipotizzato di riciclare e bruciare tutti gli attinidi. Idealmente dovrebbe essere così, per fini ambientali ed energetici. Naturalmente all’atto pratico il processo avrà un’efficienza, che ci indicheranno i radiochimici (ripeto, è ancora un argomento di ricerca, ma molto promettente secondo me).

      Riciclare la grafite? Allo stato attuale il reprocessing delle TRISO prevede la distruzione della grafite, che io sappia. Non credo comunque che questo economicamente impatti molto sui costi. In ogni caso se si sviluppasse un sistema basato su cicli simbiotici si potrebbe studiare una TRISO più adatta al reprocessing, magari anche con l’opportunità di ricupero della grafite, forse non sarebbe impossibile…

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