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La (possibile) nuova stagione nucleare in Italia e i (possibili) interventi pubblici

5 Giugno 2008 di Amministratore

Oggi analizziamo due articoli (apparsi recentemente) sull’ eventuale intervento pubblico statale a sostegno di una nuova stagione nucleare in Italia: un articolo de “The Wall Street Journal” e uno de “Il Sole 24 Ore”. In entrambi gli articoli due punti di fondo sono: la convenienza o meno del nucleare e la capacità o meno del nucleare di vivere nel libero mercato.

Il primo articolo è quello apparso su “The Wall Street Journal” del 30 maggio a firma di Henry Sokolski dal titolo “Italy’s Nuclear Job“.
Henry Sokolski è il direttore dell’ organizzazione di ricerca “Nonproliferation Policy” di Washington.

Si mette in evidenza innazitutto come lo Stato italiano con un debito di 1.624 miliardi di euro avrebbe difficoltà nel recuperare soldi da investire nel nucleare.

Le difficoltà verso cui l’ Italia andrebbe incontro sarebbero: alti costi di costruzione, lunghi tempi di costruzione (10-20 anni), difficoltà nell’ individuare aree disposte ad accogliere un impianto nucleare.
Henry Sokolski afferma che però queste difficoltà non sono state prospettate dai “verdi” ma dallla società elettrica tedesca E.On che sta costruendo una centrale in Finlandia e che ha individuato in 6 miliardi di euro il costo di un singolo impianto.
E gli stessi conti li avrebbe fatti anche la società americana “Florida Power and Light”.
Questi costi inoltre coprono solo la costruzione dell’ impianto e non comprendono nè lo smaltimento dei rifiuti radioattivi nè le spese operative.

Henry Sokolski dopo va avanti aggiungendo che società quale l’ Enel entrerebbero nel settore nucleare in Italia sono se avessero garanzie da parte dello Stato e, sempre secondo Henry Sokolski, per garanzie si deve intendere anche crediti e finanziamenti pubblici.
Tuttavia non è detto che del “deficit spending†possa essere negativo, ma il problema è che nel caso di impianti nucleari le probabilità che aumentare il deficit sia positivo sono scarse visto che ci vorranno poi decenni per tirare le somme sulla reale convenienza o meno.

Per Henry Sokolski a questo punto il proclama di Berlusconi potrebbe avere uno di questi due sensi:
- un annuncio per dare la sensazione alla gente che stia provando a fare qualcosa contro l’aumento dei prezzi del petrolio e del gas
- un vero impegno a lungo termine a favore delle delle maggiori società europee nel settore dell’ energia tramite finanziamenti e sostegni pubblici per i programmi nucleari (mettendo così fuori competizione le società minori)

In conclusione Henry Sokolsky crede che il nucleare potrà essere economicamente competitivo eventualmente in futuro, ma non adesso visto che sono le stesse banche private a stare alla larga da investimenti energetici nel settore nucleare, se non con il sostegno dello Stato.

Passiamo adesso al secondo articolo da analizzare, ovvero quello apparso il 2 giugno su “Il Sole 24 Ore” a firma di Giuseppe Oddo e dal titolo “Chi pagherà i costi del nucleare, l’Enel o lo Stato?

Giuseppe Oddo facendo iniziale riferimento all’ articolo sopra citato del “The Wall Street Journal” dichiara che il problema del nucleare in Italia ancor prima che politico sarebbe economico e procede quindi ad una breve analisi della situazione economica della società leader nel settore elettrico in Italia e che sicuramente avrebbe un ruolo chiave nel ritorno del nucleare: l’ Enel.

Viene ricordato dapprima che l’ Enel è una società ancora oggi in buona parte di proprietà pubblica, dopo di che vengono elencati i due motivi per cui è difficilmente plausibile che l’ Enel scenda adesso in campo nel nucleare senza aiuti economici di Stato:
- l’ indebitamento totale dell’ Enel ha superato a fine 2007 i 60 miliardi di euro (per via della recente acquisizione della spagnola Endesa)
- l’ esposizione finanziaria dell’ Enel potrebbe essere già destinata ad aumentare dal 2010 (se la società Acciona eserciterà il diritto d’opzione per vendere all’ Enel anche la sua quota di minoranza in Endesa)

In conclusione Giuseppe Oddo arriva a dire che, sulla base di queste premesse, in caso di un rilancio del nucleare in Italia è ipotizzabile un intervento pubblico, sempre che l’ Unione Europea lo permetta.



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  • 5 Commenti a “ La (possibile) nuova stagione nucleare in Italia e i (possibili) interventi pubblici”

    1. daniele scrive:

      Nessuna paura del diavolo.
      Ma neppure angeli buoni che vivono con la natura.
      Semplice equazione industriale.

      1) L’Italia non ha i soldi per sostenere l’industria nucleare italiana;

      2) L’industria nucleare italiana è indebitata e da sola non può finanziarsi;

      3) le banche sanno benissimo che in un mercato liberalizzato il nucleare costa troppo sia per l’investimento iniziale che si ammortizza in tempi lunghi ( in un mercato dove il prezzo dell’eletricità varia continuamente) sia per i costi dello smantellamento (se il prezzo dell’elettricità varia come identificare le riserve finanziarie per lo smantellamento?).

      4) lo Stato non ha i soldi per garantire le banche

      5) Senza lo stato che le garantisca le banche non si muovono.

      6) L’Italia non ripartirà con il nucleare

    2. Ing. Vincenzo Romanello scrive:

      Potrebbe essere uno scenario possibile. Ma non auspicabile…

    3. daniele scrive:

      Parafrasando un grande film potremmo dire:

      E’ IL MERCATO… BELLEZZA!

      Qualcuno conosce il film?

    4. Alessandro De Maida scrive:

      “L’ ultima minaccia” con H. Bogart 195 (”è la stampa bellezza….la stampa….e tu non ci puoi fare niente, niente!”)
      http://www.ilcassetto.it/notizia.php?tid=316

      Passando dalla poesia alla prosa, ci sono due soluzioni al problema senza passare da sussidi pubblici diretti, o adottare un modello consortile sull’esempio finlandese (contratti a lunga scadenza che bypassano le incertezze di mercato) o come sembra aver fatto l’ amministrazione Bush dare garanzie alle banche sulle somme prese in prestito, per es. l’ 80% del capitale, se queste vengono puntualmente restituite il governo non uscirà una lira. In uno scenario futuro in cui i combustibili fossili verranno penalizzati per le emissioni di CO2, per es. con 20 euro per tonn, ovvero una penalizzazione di 1,6 cent/kWh e 0,8 cent/kWh per carbone e gas, una strategia del genere risulterà sicuramente vincente senza alcun onere per la società

      Già oggi cmq secondo Stella e Rizzo il governo garantisce ogni anno somme per decine di miliardi/anno a totale fondo perduto ad aziende ed imprese, più brave ad intrallazzare nei corridori romani che meritevoli di queste somme; e d’ altra parte la bolletta energetica italiana è superiore ai 100 miliardi all’ anno, quando produrre la quasi totalità dell’ energia con il nucleare (elettricità + veicoli elettrici + pompe di calore per il risc ~ 20 reattori EPR) ne costerebbe 80 (divisibili in più anni, ovviamente), al più, realisticamente meno per le economie di scala probabili (chiaramente il punto non è qui di nuclearizzare il Paese)

    5. alessandro scrive:

      A proposito di nucleare in Italia.
      Leggo su Libero di ven. 6 giugno: “Il reattore perfetto che l’Italia ignora”
      Si parla di un reattore pilota autofertilizzante (quindi niente scorie ?) da 300 MW raffredato a piombo perfettamente funzionante ormai da otto mesi in Russia.
      A questo progetto partecipa con la sua tecnologia l’italiana Del Fungo Giera Energia assieme alla russa Nikièt.
      L’ad della Del Fungo garantisce che il primo reattore commerciale di questo tipo sarà pronto per il 2014.
      Qualcuno è a conoscenza di questo impianto ?
      oppure è una bufala ?

      alessandro

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