Milano - E’ possibile una ripresa dell’impegno nucleare in Italia?
6 Maggio 2008 di AmministratoreSul forum Nuclearmeeting l’ utente fabiodis ha segnalato un interessante convegno che si terrà domani 7 maggio a Milano dal titolo “E’ possibile una ripresa dell’ impegno nucleare in Italia?”
L’ incontro è organizzato dall’ Università Bocconi (Cattedra di Economia dell’Energia) e dall’ Osservatorio sulla Politica Energetica e Ambientale.
La Commissione europea aveva anche provato nel 2003-04 a varare un “pacchetto nucleare†che comprendeva due proposte di direttiva sulla sicurezza degli impianti nucleari e sui rifiuti radioattivi, ma le due proposte sono cadute nel nulla per l’opposizione di alcuni paesi membri. Nel frattempo però paesi come il Regno Unito hanno ripreso in considerazione l’opzione nucleare sostenendo che questa è “a basso contenuto di carbonio, economica, provata, sicura e capace di ridurre la dipendenza dall’esteroâ€. Anche in Italia da molte parti è stata avanzata la proposta di riprendere in considerazione l’opzione nucleare abbandonata dopo i referendum del 1987. Ma l’energia nucleare presenta elementi di novità tecnica?
È una soluzione economica per il nostro Paese?
I problemi di smantellamento degli impianti e di condizionamento del combustibile irraggiato possono essere adeguatamente affrontati?
E le istituzioni italiane sono in grado di assicurare le condizioni per un’eventuale ripresa del nucleare nel nostro Paese?
Il convegno cerca di dare un contributo per rispondere a questi quesiti.
Tra i partecipanti:
- Maurizio Cumo (Università di Roma La Sapienza)
- Sergio Garribba (Esperto del settore energetico)
- Luigi De Paoli e Francesco Gullì (Università di Milano Bocconi)
- Massimo Romano (Amministratore Delegato Sogin)
- Clara Poletti (Direttore IEFE)
- Bruno D’Onghia Direttore EdF Italia
- Giancarlo Aquilanti (Responsabile nucleare Enel)
- Roberto Mezzanotte (Direttore Dipartimento Nucleare APAT)
L’ incontro si terrà a Milano domani 7 maggio alle ore 9.30 presso l’ AUla magna dell’ Università Bocconi in via Sarfatti, 25.
L’incontro è libero e gratuito (richiesta iscrizione online).
Per ulteriori informazioni e per l’ iscrizione si può visitare il sito Unibocconi
7 Maggio 2008 alle 00:04
La lista dei componenti che partecipano a questa riunione è intressante.
Maurizio Cumo è il presidente di SOGIN
Massimo Romano è l’Amministratore delegato di SOGIN
Luigi De Paoli è il terzo consigliere del Cda di SOGIN (gli altri due sono Maurizio Cumo e Massimo Romano)
Insomma il vertice aziendale di SOGIN, società a capitale pubblico lautamente pagata con un sostanzioso prelievo dalla bolletta elettrica perche SMANTELLI LE ISTALLAZIONI NUCLEARI ITALIANE (DECOMMISSIONIG) che partecipa ad una conferenza che tratta della RINASCITA NUCLEARE ITALIANA.
Non dico che non si debba discutere sull’opzione nucleare (anche se per me non è l’opzione “nuova”) ma se c’é una cosa che mi fa arrabbiare è che qualcuno mi prenda per i fondelli!
Ma ci rendiamo conto che una società che in 10 anni non è riuscita a mettere in sicurezza un mucchietto di scorie possa dire la sua sul rilancio dell’opzione nucleare in Italia?
E’ possibile che questi personaggi sprechino una giornata (lautamente pagata da me) per parlare di una questione che non li interessa?
Ma lo sapete che l’ing. Romano ha assunto in SOGIN anche il ruolo di Direttore Generale e nel 2008 c’é la probabilità che riceva uno stipendio di 869.000 euro lordi annui per tre anni per gestire il nostro decommissioning! (basta leggere la “Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società gestione inpianti pr azioni (SO.G.I.N. S.p.A), per l’esercizio 2006″ pubblicata sul sito della Corte dei Conti.
E cosa fà ? Va a parlare alle conferenze per dire la sua sul rimlancio nucleare italiano.
La domanda sorge spontanea: ma a lui che lo deve smantellare che cosa gli frega del rilancio nucleare italiano?
7 Maggio 2008 alle 17:46
.. calma Daniele .. allora per quanto riguarda il fatto che vi sia molta gente di parte .. te ne dò atto .. e sicuramente la cosa è di parte a questo meeting.
Però per quanto riguarda il decommissioning di un mucchietto di scorie nucleari come dici tu .. calma .. le cose van fatte bene e senza fare cazzate … si può discutere sull’efficienza .. ma ricordati che per siti sensibili un tempo di diversi anni è normale considerarlo sempre. Se poi sommi che in Italia le società esperte in bonifica e nucleare sono poche .. capisci che dare un supporto alla Sogin diventa un problema .. chiamare enti esteri ha anche un costo in più per via delle trasferte che devono essere di tanti anni appunto … fai presto a salire di costi.
Rilanciare il settore per queste persone serve comunque a porre una strategia per il futuro della ditta … prima o poi dovranno essere smantellate .. oltretutto se in Italia si intendesse riparlare di progetto nucleare per quel che riguarda la parte di progetto relativa alla composizione di un sistema già preimpostato per un futuro decommissioning , parla la Sogin
7 Maggio 2008 alle 18:53
Oltretutto “smantellare” le centrali è di per sé una cavolata. Sarebbe molto meglio riutilizzare le strutture e i siti. Un ritorno dell’Italia al nucleare favorirebbe sicuramente un qualche tipo di riutilizzo senza neanche bisogno di spendere una fortuna per distruggere il tutto. Ci guadagneremmo in tutti i sensi, sia come bolletta, sia come versatilità e affidabilità degli aprovvigionamenti, sia come mancate spese inutili.
8 Maggio 2008 alle 00:37
LA MIA DOMANDA
Forse non avete afferrato il nocciolo della questione.
Stiamo pagando, tutti, un’azienda per realizzare un compito preciso: mettere in sicurezza le scorie, chiudere il ciclo del combustibile bonificando gli impianti Enea e smantellare le 4 centyrali nucleari. Tutto questo deve essere fatto entro il 2024.
Stop. La Sogin è questo. La Sogin viene pagata per fare questo.
Se poi l’intenzione è quella di utilizzare la Sogin, che diciamolo chiaramente non ha le capacità di realizzare il decommissioning del sistema nucleare italiano (e badiamo bene che ancor oggi non ci sono centrali nucleari in smantellamento se non piccoli reattori di ricerca), per quello che era, cioè l’ufficio nucleare dell’Enel che ha il controllo dei vecchi siti nucleari e che può usare quei siti come presidi per future nuove istallazioni nucleari, BASTA ESSERE ONESTI E DIRLO.
Se vuole il governo in carica può tranquillamente PRIVATIZZARE la Sogin, eliminare il finanziamento pubblico e trasformarla in un’azienda nucleare a tutti gli effetti.
Ma se continua a essere finanziata dalal nostra bolletta elettrica per uno scopo ben preciso e questo scopo non lo raggiunge, ma anzi lo boicotta, NON MI STA BENE PERCHE’ L’ATTIVITA’ E’ ILLEGALE.
PETRUCCIO
Che centra la tua risposta Pietruccio? Io parlo di chiarezza e verità . Di scelte fatte alla luce del sole.
Forse per te è giusto pagare per veder realizzata una cosa e che questi soldi siano usati per fare l’esatto contrario?
GAUSS
Gauss non c’é niente di difficile. Le tecniche per cementificare le scorie di II ci sono; ci sono anche quelle per cementificare le scorie “intermedie” (cioè quelle liquide di III ma che non emettono calore) che ci sono all’EUREX; ci sono i cask per stoccare a secco il combustibile; c’é, e se vuoi lo posso dimostrare, anche il posto dove sistemarein sicurezza, aspettando il famoso Deposirto Nazionale, sia le scorie condizionate che i cask con il combustibile; sono gli stessi siti dove si può, se si vuole, costruire dei bunker dove mettere questi manufatti.
Il problema è lo smantellamento del circuito primario. Ma tutto il resto sarebbe al sicuro e anzi le stesse centrali sarebbero i migliori depositi per le scorie.
Non voglio fare il saputello ma il progetto CEMEX che da anni si stà sviluppando per cementificare le scorie liquide dell’EUREX esiste già . Lo hanno in Francia. Come il progetto CO.RA., cioè la vetrificazione con il crogiolo a freddo di quelle scorie liquide, che nel 1986 l’Enea tentò d irealizzare (unico sistema per installare un’officina di vetrificazione nell’Eurex, che proprio oggi la CEA ha testato.
I soldi ci sono, le tecnologia anche.
CONCLUDO
Basterebbe che la Sogin facesse veramente il suo lavoro. ma non lo fa.
Preferisce occuparsi di nucleare usando, però, i soldi che gli diamo per smantellare quel nucleare.
8 Maggio 2008 alle 11:54
Per fare chiarezza da parte mia non c’è problema: quello che hai detto, come paradosso, è invece esattamente quello che vorrei, cioè che la Sogin gestisse quello che è rimasto del nucleare italiano. Come esperti del settore, trovo poi che sia giusto, da parte di quell’azienda, fare dell’informazione. Siccome, poi, il nucleare è un’ottima fonte di energia, fare dell’informazione corretta significa promuoverlo. Quindi, quello che succede, a me sembra tutto logico e corretto. Trovo anche che sia un colpo di fortuna (o chissà , forse di ragionevolezza da parte di qualcuno) che finora sia stato smantellato poco o niente, cosa questa che dovrebbe facilitare (nel senso di rendere meno problematico) un ritorno al nucleare in Italia. La mia posizione, però, è debole, perchè io sono solo un cittadino qualsiasi in un paese di 60 milioni: quindi quello che penso io non conta quasi niente. Bisognerebbe vedere quanti sono quelli che la pensano come me.
Anche la tua posizione, però, è debole. Tu indichi come un miraggio e anche come una pretesa un’azione che è stata decisa comunque da una ristretta minoranza di persone: ricordiamoci che al referendum sul nucleare si sono espressi contro circa l’80% dei votanti ma questi erano poco più del 50% degli aventi diritto, che sono comunque meno dell’intera popolazione: in pratica su 50-60 milioni di cittadini hanno detto no al nucleare qualcosa come 16 milioni. Questa tecnicamente “maggioranza” (perchè in democrazia conta chi vota), ma minoranza di fatto, ha poi maramaldeggiato addirittura pretendendo di radere al suolo ogni traccia di questa tecnologia: mi ricorda un po’ certe cose che sono successe in passato, ad esempio in Egitto all’epoca delle successioni di certi faraoni. Oggi, poi, che in parlamento ci sono sostanzialmente tre formazioni di cui due, Pdl e PD, hanno apertamente detto che l’Italia si deve impegnare sul nucleare di IV generazione, e una terza, Casini, totalmente favorevole all’impegno dell’Italia nel nucleare anche da subito, che fretta c’è di smantellare tutto? Sicuro che è questo quello che vogliono i tuoi connazionali? Adesso che il petrolio è a 120 $ al barile e continua a crescere?
8 Maggio 2008 alle 12:59
Concordo con Pietruccio.
E poi perchè non riavviare Caorso, un impianto fatto per funzionare 50 anni e che invece a funzionato per soli 7 anni.
E’ come avere una Ferrari, farci un giretto. e poi smontarla tutta… e pi si va a comprare energia elettrica da fonte nucleare all’estero.
E’ prorpio vero: in Italia (e mi duole dirlo)m si va avanti a paradossi!
9 Maggio 2008 alle 14:47
concordo con Petruccio, e gauss invece trovo il ragionamento di Daniele sbagliato!
Tutte le competenze nucleari (di costruzione di impianti nucleari) italiane sono confluite in Sogin, quindi in Italia, nessuno meglio (dei tecnici) di Sogin puo’ essere competente in materia.
Petruccio, dimmi, secondo te, chi sono gli attori del nucleare (che agiscono da strumento del Governo) italiano che avresti gradito intervenissero al meeting?
AREVA? EdF? i Russi? I cinesi? I giapponesi?
9 Maggio 2008 alle 18:49
x Antonino
Ti ringrazio per il sostegno, fa piacere sapere di non essere soli a pensarla in un certo modo. Ti devo confessare anche che non mi è chiaro cosa intendi nella domanda. In generale penso che di energia in Italia se ne dovrebbe parlare molto di più perchè ho la sensazione che ci siamo messi nei guai, cioè in una posizione di scacco, per cui le mosse per i prossimi anni potrebbero anche non avere una soluzione: può darsi, cioè, che sia già oggi impossibile cavarcela senza far pagare un prezzo salatissimo alla nazione. Però è anche ovvio che più il tempo passa e più la situazione si aggrava se restiamo fermi sulle solite posizioni. Stiamo andando incontro all’equivalente energetico del problema dei rifiuti in Campania: nessuno vuole impianti ma tutti consumano energia e prima o poi gas e petrolio arriveranno a prezzi stratosferici per motivi veri (disponibilità delle risorse) e non solo, come ora, per bolle speculative.
In quanto al nucleare ci sono molti aspetti: politici, sociali, economici, tecnici. Non c’è solo il problema delle scorie, che personalmente ritengo sovrastimato, ma bisognerebbe anche capire bene quali sono le riserve realmente estraibili e i possibili fornitori di combustibile, la fattibilità dello sfruttamento del torio (combustibile presente in quantità anche in Italia), decidere quanto impegno mettere nel nucleare di IV generazione, vedere quale contributo potrebbe dare il nucleare alla produzione di combustibili per il settore dei trasporti (produzione di idrogeno? di benzina dal carbone? di idrocarburi di sintesi?) e quanto potrebbe contribuire al riscaldamento nel settore edile, oppure quanto potrebbe convenire sopostare i consumi sull’energia elettrica producendo la stessa col nucleare ecc… tanto per dire le prime cose che mi vengono in mente. Riguardo alla fattibilità reale di un piano energetico che comprenda il nucleare, bisognerebbe poi sentire gli istituti di statistica per capire la tollerabilità di questa tecnologia da parte della popolazione, nel caso venisse informata, e sondare la disponibilità reale dei politici a metterci “la faccia”, perchè un conto sono le dichiarazioni generiche e un conto è mettersi in gioco per una scelta di questo tipo.
Insomma le persone che sarebbe interessante sentire sono tante e investono molti aspetti e ruoli all’interno della nostra società . Poi, naturalmente, potrebbe essere interessante anche vedere all’estero cosa fanno e in quali prospettive.
11 Maggio 2008 alle 00:43
Tanto per aggiungere un po’ di entropia alle considerazioni (per la più parte condivisibili) di Pietruccio, vorrei far notare che la gestione di un parco nucleare (e sottolineo il concetto di “gestione”, rispetto alla generica ricerca sul nucleare) richiede competenze tecniche, ingegneristiche e scientifiche in senso lato. Lo stesso vale per le indispensabili istituzioni di controllo, sicurezza e radioprotezione (che vengono imposte da direttive AIEA). Queste competenze non sono proprio le stesse di chi si occupa di ricerca in ambito nucleare (sebbene l’overlap sia significativo). In Italia ci sono, a mia conoscenza, ottime competenze di ricerca (per esempio all’Enea: penso, tanto per dire, a esperti di termoidraulica con cui ho avuto l’occasione di lavorare, ma anche neutronica…) ma la cultura di “gestione” di un parco nucleare, che dipende enormemente dal tipo di sistema nucleare che si utilizza, si è persa da anni, causa pensionamento del vecchio personale o espatrio (per esempio in Francia…!). Non sarebbe troppo complicato convertire parte degli ingegneri e dei fisici nucleari che oggi fanno ricerca sul nucleare in degli ottimi “exploitants” (a patto che il parco sia costituito integralmente dallo stesso tipo di reattori; non ha molto senso mixare PWR e CANDU per esempio!!!). Credo pero’ che la complicazione possa venire dalla mancata disponibilità di personale tecnico (meno qualificato di un ingegnere o di un fisico, ma pur sempre dotato di un profilo tecnico altamente avanzato) la cui formazione richiede tempo per essere rimessa in piedi. A mia conoscenza, Sogin oggi non dispone assolutamente di questo tipo di competenze, ma essendo fuori dall’Italia da un pezzo mi sono magari perso qualcosa e non sono più informato correttamente. Credo quindi che, assieme ai tempi necessari alla costruzione e alla messa in funzione di eventuali centrali, si debba necessariamente aggiungere il tempo necessario alla formazione del personale di gestione.
11 Maggio 2008 alle 09:27
LA SOGIN
Il dottor Panebianco ha ragione: la Sogin non ha le competenze per far ripartire il nucleare in Italia (non le ha nemmeno per il decommissioning dire il vero) e la dimostrazione è il fatto che Enel abbia deciso di costruirsi un parco ingegneri nuovo, relegando la Sogin ha fare delle diligence su impianti vecchi recentemente acquistati (vedi quello in Slovacchia).
ALCUNE DOMANDE
Sempre prendendo spunto dall’intervento sempre preciso del dottor Panebianco che pur essendo un convinto assertore della tecnologia nucleare ne ammette i limiti.
Da cittadino vi chiedo: ma cosa vuol dire realizzare un PEN nel quale sia inserito il nucleare? Vuol dir sapere quale sarà la percentuale di eletrtricità generata nel mix energetico dal nucleare? Vuol dire sapere quante centrali servono per raggiungere quel valore? Ma si parla di centrali oppure di impianti che comprendano anche il deposito di scorie, il centro di condizionamento delel stesse e l’officina di fabbricazione del combustibile? Quanta superficie servirebbe per costruire questo impianto? Con che caratteristiche? Visot la situazione delle nostre infrastrutture si deve fare ogni impianto indiìpendente oppure l’officina di fabbricazione del combusdtibile può servire più impianti? E il trasporto del combustibile verso gli impianti come verrà fatto?
E l’Uranio lo compriamo all’estero?
Poi c’é il problema delel vecchie scorie. Cosa faciamo dei 30.000 metri cubi di II catezgoria ancora da condizionare? Costruiamo il nuovo sullo smporco vecchio?
Ed infine l’ultima domanda: ma siete sicuri che un popolo di merda come il nostro appena sà che nella sua regione, provincia e comune si costruirà un’impianto grande come 55 campi di calcio, con merci radioattive che entrano ed escono, con il pericolo che qualche terorrista vada a buttarci qualche bomba, non scenda in strada a dire no?
Però sono contento di sentire tanto entusiasmo.
Sappiate però una cosa: in un’Italia dove la maggior parte delal gente viene “condizionata” dai messaggi inviati dalal televisione (che preferisce parlare del delitto di Meredith che del genocidio Birmano) sarà facile contrastare questo rilancio nucleare.
Facile per lo stesso motivo che sembra permettere il rilancio: la non conoscenza del problema da parte di persone della mia età (43 anni) che negli anni (70) avevano 5 anni e che ricordano di qualcosa chiamato Caorso e di proteste. Pensate ai 30 enni o ai 20 enni. Insomma la dimenticanza di quello che è stato e l’assoluto diniego a perdere quello che ormai è dato come normalità è un fertile campo per chi crede e chi non crede…nel nucleare. E si sà che l’italiano è pauroso per natura.
12 Maggio 2008 alle 11:20
x Pietruccio,
scusami ho sbagliato, la domanda era rivolta a Daniele.
Daniele, dimmi, secondo te, chi sono gli attori del nucleare (che agiscono da strumento del Governo) italiano che avresti gradito intervenissero al meeting?
AREVA? EdF? i Russi? I cinesi? I giapponesi?
X Daniele,
le tue supposizioni e congetture su sogin ed enel mi sembrano al quanto semplicistiche….non ti spiego perche’, potresti scoprire dinamiche diverse da quelle che supponi.
x Stefano Panebianco,
sicuramente in Italia, non c’e’ altro posto migliore in cui possano essere quelle competenze di cui parli se non in Sogin.
Ovvio che non bastano per i motivi che hai detto, vedi turn over.
Si parla di ri-costruire, ma la base non è zero.
12 Maggio 2008 alle 13:02
x Antonino
Se lo dici tu… non ho motivo di non crederci, sebbene per quanto ne sapevo io la Sogin è specializzata piuttosto sul decommissioning (all’internazionale soprattutto nei paesi dell’est). Probabilmente le informazioni di cui dispongo non sono aggiornate. Le tue informazioni da dove provengono?
Se magari ci fosse qualcuno di Sogin che legge il forum potrebbe deliziarci con un commento chiarificatore…
12 Maggio 2008 alle 13:33
Per Daniele:
io (36 anni) ricordo invece che Caorso, quando fu avviato nel ‘78, fu visto che una tappa importante della tecnologia nucleare Italiana: l’Enel ed Ansaldo erano riuscito a costruire una reattore (BWR) all’avanguardia per l’epoca.
Ricordo purtroppo le proteste, o meglio le CARNEVALATE, fuori del cantiere di Montalto di Castro e di tanta gente che, a parte i soliti idioti pseudo ambientalisti, era lì a strillare soltanto perchè qualcuno gli aveva raccontato un sacco di falsità , sia dal punto di vsita tecnico che dal punto di vista economico. A quel tempo, ed ancor di più dopo Chernobyl, si raccontava che il vapore che usciva dalle torri di raffreddamento era radioattivo ed uccideva gli uccelli che vi passavano sopra!
Penso che ogni popolo male informato e bombardato da falsità prive di fondamento (oggi va di moda il Global Warming) diventa un popolo di merda e pauroso.
Saluti
12 Maggio 2008 alle 18:18
P.S. = ovviamente le varie notizie sono andate a leggerle sui giornali e resoconti dell’epoca o procurandomi altre fonti attendibili (es. i vecchi VHS)
Certo che a sette anni non mi ponevo il problema nucleare si, nucleare no…ma ciò non mi pare grave visto che ad oggi ci sono politici che, con il petrolio a 120$ il barile e tanti anni sul groppone, continua a non porsi la questione e si baloccano sognando un mondo che va avanti a sole e vento..MA FATEMI IL PIACERE!
12 Maggio 2008 alle 21:49
A quanto pare io di anni ne ho un po’ più di voi e mi ricordo bene che prima di Chernobyl, e più che altro prima del voltafaccia dei socialisti al congresso di Venezia (precedente a Chernobyl), c’era solo un po’ di pressione contraria (con i soliti argomenti assurdi e le falsità che citava Edoardo) ma niente di simile alla situazione che c’è adesso. Addirittura a un certo punto sembrava si fosse deciso per un piano energetico che comprendeva la costruzione di 16 centrali atomiche (credo PWR) da fare dopo Montalto. La popolazione non era certo contraria: solo qualche sparuto gruppetto di poco conto, e i radicali con poco seguiti su questa posizione, comunque.
E’ la questione che pone Panebianco il nocciolo dei problemi, su questo aspetto, di questo paese: non è possibile avviare una politica energetica che comprenda il nucleare se non con tempi che si contano in decine di anni. Il tempo in gioco non è, infatti, certo quello di costruzione di un reattore! Solo per cercare il posto e mettere a punto VIA e permessi ci vorrebbero anni, e altri anni a costruirlo, e sarebbe solo il primo. Poi, siccome non avrebbe molto senso fare una, due, tre e neanche cinque centrali (come politica energetica nazionale intendo, per un singolo gruppo di investimento il discorso è diverso) c’è da creare tutto il resto di cui parlava Stefano: prima di avere dei tecnici italiani, tanti tecnici, sfornati da scuole professionali, istituti e Università quanti anni ci vorrebbero? E per fare tutte quelle scuole gli insegnati dove li prendiamo? Ricordo che servirebbero competenze in molti rami, non solo sui quelli dell’ingegneria, della chimica e della fisica: si va dalla biologia, agli aspetti sanitari, alla geologia. La tecnologia nucleare richiede moltissimo personale altamente qualificato perchè è un modo per trasformare in energia, moltissima energia, un lavoro prevalentemente intellettuale (è per questo che mi piace). E a un’industria che si volesse lanciare in quel settore, con le pesanti conseguenze organizzative oltre che le molte competenze che sono necessarie, che garanzie economiche diamo? E per quanto tempo? Poi servirebbero naturalmente un sistema di gestione delle scorie, e un sistema di alleanze per la l’approvvigionamento del combustibile nucleare ecc…
Insomma per creare una tecnologia nucleare sarebbe necessario uno sforzo notevole e molto lungo: secondo me bisognerebbe partire oggi riaprendo Trino e Caorso tanto per cominciare e avviare così pian paino un circolo virtuoso che ci porti a non essere totalmente spiazzati sul piano energetico fra vent’anni quando sarà inevitabilmente molto molto dura (ricordo, ai più giovani, che passano molto prima di quanto possiate immaginare).
In parte mi pare di aver risposto anche a Daniele: un piano energetico, per quanto riguarda la parte nucleare, deve prevedere un sistema per arrivare ad avere in qualche decina di anni un sistema capace di sostenere la produzione di energia elettrica con diverse decine di centrali e una ricerca capace di far si che mano mano che ne vengono costruite di nuove siano sempre migliori fino a sfociare con competenza ed esperienza a una tecnologia molto impegnativa come quella dei reattori di IV generazione. Una “buona” tecnologia è tale se offre, poi, molte soluzioni ai vari problemi che si presentano e si adatta a rispondere a una serie di esigenze in modi che adesso possiamo solo in parte immaginare.
Per capire di cosa stiamo parlando chiediamoci allora, a spanne, quanti reattori servirebbero all’Italia? Difficile dire perchè dipende da molte variabili, ma queste stime possono servire par capire se si parla di 1 di 100 o di 10000.
Se da un EPR si possono ricavare diciamo circa 12 TWh all’anno, per fare tutta l’energia elettrica in Italia ne basterebbero 30, ma non avremmo risolto che una minima parte dei nostri problemi energetici (circa il 30%). Però si potrebbe pensare di spostare tutta una serie di consumi sull’elettricità (ad esempio potremmo scaldare le case con delle pompe di calore, spostare la maggior parte dei trasposti su ferrovia, produrre idrogeno o altro combustibile per gli altri tipi di veicoli) e poi potremmo cercare di recuperare in qualche modo il molto calore che le centrali perdono per il raffreddamento del ciclo termico. Se ad esempio pensassimo di riuscire a recuperarne almeno la metà , nell’ipotesi che si riesca a fare col risparmio energetico quello che non ci è mai riuscito, cioè mantenere almeno stabili i consumi (non dico di ridurli ma almeno far sì che non aumentino) allora ci accorgeremmo che di centrali ne basterebbero 100. Chiaramente sarebbe assurdo voler utilizzare come unica fonte primaria il nucleare, ho fatto questi conti solo per dare il senso delle dimensioni della questione.
In conclusione un buon piano energetico dovrebbe prevedere dei mutamenti graduali e lo sviluppo di altre tecnologie oltre a quelle in uso, fra cui il nucleare. L’Italia si dovrebbe quindi organizzare per avere qualche decina di centrali perfettamente funzionanti nel momento in cui i prezzi dei combustibili fossili si faranno insostenibili, e ho proprio paura che non succederà fra moltissimo tempo.
13 Maggio 2008 alle 13:00
Concordo con Pietruccio del quale conservo ogni post: molto chiari, dettagliati e capaci di farti riflettere anche sul argomenti che esulano il nucleare.
Inoltre si sparla tanto di risparmio di energia…Mah!… Al limite risparmiare le fonti di energia.
Infatti, quando si parla di fonti non rinnovabili (gas, carbone e petrolio) si intende fonti energetiche “finite”. Un esempio:
Se, in preda a follia ambientalista, decidessimo di risparmiare tutto il gas e/o Petrolio e lascialrlo nei serbatoi, fra 50 anni quando riapriremmo i rubinetti, con la fame di energia che ci ritroveremo, in poco meno di un anno consumiamo tutto l’oro nero risparmiato (nel frattempo, causa penuria di energia, meno benessere, regerssione tecnologica, morti di bambini, malati ed anziani)
Risparmiare le fonti per prolungare, a caro prezzo, di un solo anno l’esaurimento del petrolio disponibile.
E poi sappiamo che il fabbisogno di energia sale, in Italia, ogni anno del 2%… e ci dicono di risparmiare? E’ come se ad uno che muore di fame gli dici di stare a dieta.
Il risparmio è importatissimo ma in un altra ottica: occorre migliorando il mix energetico nazionale con tutto ciò che è disponibile: carbone, rinnavabili ma sopratutto nucleare.
13 Maggio 2008 alle 14:11
Siamo alle solite. Contestare fino alla morte, anche se stiamo per morire di fame. L’importante e’ dire che non si puo’ fare, e lasciare tutto com’e’ (dimenticando che fra molto poco il problema energetico ci esplodera’ fragorosamente fra le mani, ma non come per i rifiuti campani, ma molto peggio a mio avviso).
x Daniele
“Da cittadino vi chiedo: ma cosa vuol dire realizzare un PEN nel quale sia inserito il nucleare? Vuol dir sapere quale sarà la percentuale di eletrtricità generata nel mix energetico dal nucleare? Vuol dire sapere quante centrali servono per raggiungere quel valore?”
Si, direi un 30% circa per cominciare, con almeno una decina di impianti tipo EPR ad esempio.
“Ma si parla di centrali oppure di impianti che comprendano anche il deposito di scorie, il centro di condizionamento delel stesse e l’officina di fabbricazione del combustibile?”
Ho gia’ detto che il deposito di scorie si dovra’ fare comunque, nucleare o meno, e se fatto bene non sara’ un problema (le tecnologie esisitono); quanto alla fabbrica del combustibile se ne puo’ tranquillamente costruire una o due (tipo quella che ho visto in Svezia, a Vasteras) - darebbe ulteriori opportunita’ di lavoro e di rilancio di questa importantissima tecnologia in campo energetico.
“Quanta superficie servirebbe per costruire questo impianto?”
Non tantissima, e comunque qualcosa di assolutamente trascurabile in confronto a quella richiesta per ottenere la stessa potenza da fonte eolica o (peggio che mai) solare.
“E il trasporto del combustibile verso gli impianti come verrà fatto?”
Come dapperttutto nel mondo: su rotaia per esempio, in opportuni container (ampiamente studiati e provati!!!) a prova di qualsiasi incidente.
“E l’Uranio lo compriamo all’estero?”
Si, dal migliore offerente, esattamente come fa la Svezia da anni, come grandissimo vantaggio. In seguito potremmo pensare anche ad altre (molto interessanti!) vie…
“Poi c’é il problema delel vecchie scorie. Cosa faciamo dei 30.000 metri cubi di II catezgoria ancora da condizionare?”
O le mettiamo nel deposito geologico, o le diamo via in cambio di soldi (non tanto corretto ne conveniente), o le mettiamo da parte finche’ non le bruciamo (ci sono molte proposte su come fare, ed e’ una cosa fattibile, non fantascienza, ve lo assicuro!).
“Ed infine l’ultima domanda: ma siete sicuri che un popolo di merda come il nostro appena sà che nella sua regione, provincia e comune si costruirà un’impianto grande come 55 campi di calcio, con merci radioattive che entrano ed escono, con il pericolo che qualche terorrista vada a buttarci qualche bomba, non scenda in strada a dire no?”
Basterebbe volerlo fare. Una volta informata debitamente la popolazione, una volta rassicurata sulla realizzazione delle opere a regola d’arte, ed una volta garantiti tutti i privilegi derivanti e giusti per chi ospita tali impianti, penso che i comuni farebbero a gara a chi ne costruisce prima.
Ovviamente servirebbe uno Stato serio, onesto, meritocratico e moderno,. senza il quale e’ meglio lasciar perdere e rassegnarsi ad un futuro nelle grotte con le fiaccole…
Ora vi chiedo: cosa volete davvero?
13 Maggio 2008 alle 17:18
Ovvio che concordo con Vincenzo, anche sul fatto che il problema energetico porterebbe a delle conseguenze ben più gravi di quello della “monnezza”. E’ simile solo nella modalità in cui si sta sviluppando: nessuno ne parla, si dicono solo dei no, ognuno è contento se difende il proprio orticello (NIMBY) e non viene chiamato a dare il proprio contributo di responsabilità . Tutto procede tranquillamente e speditamente verso il disastro.
Vorrei anche far notare a Daniele che 30.000 metri cubi di scorie non è certo un volume così gigantesco come il numero potrebbe far pensare. E’, a spanne, il volume della scuola dove insegno. Un edificio come ce ne sono tanti altri nel paese. Non è certo un problema trovare i Italia spazi di quel genere. Tanto per avere un termine di confronto in tema, nella sola centrale di Caorso (da 875 MW, cioè poco più della metà di un EPR da 1600 MW) sono stati utilizzati 126.000 metri cubi solo di cemento. Insomma, è poca roba, come le scorie prodotte in generale dal nucleare.
Non si capisce invece a cosa si riferiscano i 55 campi di calcio equivalenti a un impianto, visto che un terreno di gioco deve essere un rettangolo della lunghezza da 120 a 90 metri e della larghezza da 90 a 45 metri (se internazionale 100-110 per 64-75). Un campo medio è allora di 100 x 75 = 7500 metri quadri, 55 campi sono circa 410 mila metri quadri: un cerchio di 725 metri di diametro. Ma a che impianto ti riferisci?
15 Maggio 2008 alle 18:09
Un centrale nucleare, formata da due unità , occupa merdiamente uno spazio di poco meno di 15 acri (nucleartourist.com)
Un acro corrisponde a 0,4047 ettari così 15 acri sono circa 6 ettari di spazio occupato.
6 ettari (60000 m2) sono le dimesioni di un podere medio/piccolo.
Rispetto all’enormità di spazio che richiedono gli impianti eolici e/o solari (e l’esiguità di energia prodotta!) mi sembra che una centrale nucleare, “dimensionalmente” parlando, è una cosa più che fattibile.
15 Maggio 2008 alle 18:24
Chiedo venia ma nella fretta di scrivere ho sbagliato: no “merdiamente” ma “mediamente” … che gaffe!
Volevo anche aggiungere che il nucleare non rappresenterebbe problemi circa la densità della nostra penisola. In Italia il rapporto è di 190 abitanti/Km2 (60.000.000 abitanti) contro i 235/km2 della Germania (80.000.000 abitanti e 19 reattori nucleari) il Regno Unito con 250/Km2 (60.000.000 e 18 reattori nucleari) o il Giappone con 340 abitanti/km2 (120.000.000 di abitanti E 51 REATTORI NUCLEARI)
17 Maggio 2008 alle 19:51
Le dimensioni
“6 ettari (60000 m2) sono le dimesioni di un podere medio/piccolo.”
Mio suocero a un podere dove ha una piccola vigna, olivi e alberi da frutto.
E’ piccolo. Sono 5.000 metri quadri, cioè 1/2 ettaro!!!
Ma ti assicuro che farlo tutto (è un rettangolo allungato) a piedi non è mica piccolo!!
Ora se penso alla tua misura - 6 ettari!!! - cioè 12 campi come quello di mio suocero mi turbo un pò.
Ragazzi ma avete idea di che spazi si sta parlando?
Se poi alla larghezza ed alla lunghezza ci aggiungiamo l’altezza (quindi si passa a metri cubi) ma di che si sta parlando?
E poi non mi direte che si parla di centrale e non di impianto!
E i depositi per le scorie (guanti e altro che devono essere smaltiti)?
E il deposito per i cask dove mettere le barre?
E quanto deve essere il perimetro di sicurezza contro gli attentati.
Facciamola semplice. Voi siete gli esperti, io quello da convincere.
Io vi faccio domande da persona comune (che sa qualcosa) e voi mi rispondete (qualcuno non sbuffi subito perché senza dialogo con la gente comune non metterete alcuna centrale).
1° domanda
Che cosa si intende per Istallazione nucleare? Non credo la sola centrale ma…
Quanti metri quadrati servono per costruire un’istallazione nucleare (compresi sistemi di sicurezza)?
Datemi queste informazioni esatte.
Poi vi chiederò di dirmi fatto 100 il totale come formereste il mix energetico (idrocarburi - nucleare - rinnovabili)
Poi vi chiederò quanti impianti nucleari servono per generare quella percentuale di energia elettrica
Poi vi chiederò come sarà la struttura nucleare. Cioè quanti impianti di ritrattamento serviranno, quanti laboratori di ricerca e quante officine di fabbricazione del combustibile (magari in un unico centro c’é tutto).
Poi vi chiederò in quali territori si possono costruire le tot centrali necessarie (ci sarà da tenere conto dell’accesso a grandi quantità d’acqua e di territori a bassa intensità sismica e altro…)
Lo potete fare? Sono cose già dette? Non lo so.
So che avete tutti i dati e io voglio capire il problema senza andare a leggere a destra e sinistra. Se i dati li avete non vi costerà fatica ripeterli.
Io sono qui
17 Maggio 2008 alle 20:25
Caro Daniele,
ma dove vivi? un appezzamento di terra di 5000 metri non è piccolo, è microscopico. Se hai problemi a farlo a piedi, mi preoccuperei… a meno che non sia sui terrazzamenti liguri. Un podere di sei ettari è ancora piccolo e non ti da di che vivere (a meno che non ci sia una vigna). Sinceramente non comprendo il motivo ella tua preoccupazione: basta vedere come funzionano le centrali nucleari da altre parti e non mi sembra che le dimensioni siano diverse da altre installazioni industriali.
17 Maggio 2008 alle 21:12
Egisto puoi rispondere alla prima domanda?
Se si bene. Se no non mi interessano i commenti.
Voglio capire. E per farlo ho bisogno di chiarezza e ordine.
Ti ripeto la domanda:
Che cosa si intende per Istallazione nucleare? Non credo la sola centrale ma…
Quanti metri quadrati servono per costruire un’istallazione nucleare (compresi sistemi di sicurezza - vari depositi - torri di raffeddamento - etc…)?
Grazie
17 Maggio 2008 alle 23:06
Da google earth si possono vedere i siti nucleari, ad esempio si distinguono bene Olkiluoto, Caorso, quel che resta di Montalto ecc… Una caratteristica del nucleare sono proprio le ridotte dimensioni rispetto a quello che produce. Quello che si dovrebbe confrontare è un indice del tipo i metri quadri occupati per kWh prodotto/anno: in questo momento (purtroppo) non ho il tempo di fare una tabella comparativa ma sarei pronto a scommettere (in senso figurato perchè io gli euro non li rischio neanche con la schedina) che il nucleare vince alla grande.
Per quanto riguarda la percentuale di nucleare che vorrei, la prima cosa da capire è se ci riferiamo alla sola energia elettrica o se vogliamo considerare l’intero fabbisogno energetico nazionale. Poi, la seconda cosa da considerare sono i tempi. La questione non può essere vista in maniera statica ma nell’ottica di una evoluzione.
Col nucleare di II e III generazione, e quindi sui tempi della della decina di anni io punterei a un una capacità produttiva col nucleare intorno al 40% (una dozzina di EPR) in modo da produrre realmente un 30% e avere la riserva per coprire eventuali defaiance di altre fonti. Le rinnovabili penso che difficilmente possano superare il 25% visto che al 20% praticamente già ci siamo, ma è anche molto difficile andare oltre: servirebbe un po’ più di eolico e qualche progetto sul geotermico (invece del ponte di Messina). Difficile aspettarsi contributi significativi dal fotovoltaico: è di oggi un articolo “entusiasta” a questo proposito
repubblica.it/2008/05/sezioni/ambiente/solare-2/solare-2/sol...
dove si dice che a oggi la potenza “installata” in Italia è di 70MW con un incremento di circa 30MW nell’ultimo anno, ma che con un accordo Enel Sharp si potrà arrivare in pochi anni ad aggiungerne altri 161MW: per capire di cosa stiamo parlando ricordo che un solo EPR produce 1600MW. Bisognerebbe, poi, anche chiarire il significato di “potenza installata”, cioè quella “nominale”, cioè quella “di picco”, cioè quella in pieno sole col sole a 90° (irraggiamento pari a 1 kW ogni metri quadro). In media, infatti, si sa che la potenza che invia il sole qui in Italia, considerando anche la notte e il maltempo, è circa un quinto di quel kW, quindi in media 161MW installati corrispondono a circa 32MW realmente immessi in media in rete (per un EPR, considerando le fermate siamo intorno al 90% per cui 1600MW corrispondono a una potenza media di 1440MW, cioè rappresenta no circa il 2% di un EPR). Interessante anche notare che il fotovoltaico occupa circa dagli 8 ai 20 mq per kW installato, cioè dai 40 ai 100 mq per kW realmente prodotto, per cui per avere una potenza reale immessa in rete pari a un EPR servirebbero dai 55 ai 144 km quadrati. I biocombustibili, invece, non dovrebbero assolutamente essere usati per produrre energia elettrica e spero che questo sia evidente per tutti.
Tornando a bomba, il resto dell’energia elettrica prodotta, cioè un 35-45% andrebbe alle fonti fossili che però dovrebbero da un lato potenziare il carbone e dall’altro disporre di un altro paio di rigassificatori (oltre quello de La Spezia) in modo da ridurre drasticamente la dipendenza dal gas proveniente dai gasdotti di Russia e Algeria, ma senza diventare l’hub, cioè il polo rigassificatore, per tutta l’Europa.
Guardando a tempi più lunghi bisognerebbe invece prevedere (e più che altro sperare) in uno spostamento sul consumo di energia elettrica di tutte le utenze possibili e il potenziamento della produzione di questa con le rinnovabili (almeno di un 40-50%) e il resto nucleare (di IV generazione). Le fossili (a quel punto probabilmente sarà rimasto solo il carbone) andrebbero riservate solo all’autotrazione (per trasporti e agricoltura) e ai processi industriali che non possono farne a meno, mentre il riscaldamento degli edifici dovrebbe essere in massima parte fornito da fonti rinnovabili, energia di risulta dei processi industriali e delle centrali elettriche (teleriscaldamento), un poco di energia elettrica (pompe di calore) e soprattutto il grosso contributo dovrà derivare dal risparmio energetico, cosa che non può essere fatta su tempi brevi perché richiede un diverso modo di costruire, di fare i piani regolatori, di investire sulle case e sui materiali con cui vengono costruite. Non è pensabile di cambiare un parco di 11 milioni di edifici in tempi brevi.
Ma questi, allora, sono tempi lunghi, io sarò certamente morto e i miei figli, se tutto va bene, saranno vecchi, e chissà quale e quanta sarà la popolazione, la vita media, la principale fonte di reddito in Italia e la disponibilità di denaro: è un po’ come discutere sulla “fine della cosmologia” fra 100 miliardi di anni come fa Le Scienze di questo mese. E’ poco più che un gioco.
18 Maggio 2008 alle 02:22
A domanda diretta… risposta diretta (cfr. Daniele)… e tanto per evitare le inesattezze che ho mi è parso di leggere:
Un sito nucleare è costituito da una o più unità di produzione nucleare.
Ogni unità di produzione è costituita da un insieme di installazioni che permettono la produzione d’elettricità .
In maniera un po’ schematica un’unità di produzione (cioè un “reattore”, sapendo che su un sito si hanno in genere più “reattori”) lo si puo’ riassumere cosi’ (almeno per un PWR ou un EPR):
1. Il “building” reattore che contiene il reattore in senso stretto(fondamentalmente la piscina, i sistemi “caldi” e la sala controllo), il circuito primario di raffreddamento, i generatori di vapore (ce ne sono 3 o 4 di solito), un pressurizzatore e parte del circuito secondario.
2. Il “building” macchine che contiene la contiene la turbina, l’alternatore e il condensatore.
3. La torre autorefrigerante (o un’unità di pompaggio nel caso di raffreddamento con acqua di mare)
4. Uno o più “buildings” ausiliari per la gestione generale della centrale, i diesel di soccorso, gli scambiatori elettrici, etc…
5. Un “building” per l’amministrazione
6. Una o più centrali di connessione per il tranferimento di energia elettrica dalla centrale alla rete via le linee ad alta tensione.
E’ possibile che alcuni di questi buildings siano in comune tra ivari reattori di uno stesso sito.
Tanto per dare un’idea il sito di Flamanville per l’installazione dell’EPR ha una superficie di 60 ettari.
Punto e a capo! Spero di essere stato chiaro e utile…
18 Maggio 2008 alle 10:43
Ed ecco spiegati i 55 campi di calcio (da 120*90 metri): è la dimensione dell’intero sito di Flamanville. Il sito comprende però altre due centrali. Quindi alla fine saranno tre che insistono su quella superficie. A dire il vero a guardare con google earth si vede che, al lordo, la superficie è addirittura doppia e a Olkiluoto, sempre al lordo, pure: dipende da cosa si vuol comprendere. Se si guarda Caorso si direbbe invece che l’impatto, in termini di superficie, sia circa la metà di quei 60 ettari.
Il senso dell’intervento di Daniele sembra però essere quello di voler attribuire allo spazio occupato dall’intero impianto un valore talmente grande da scoraggiare un possibile permesso da parte dalle autorità preposte. Io non credo, invece, che questo possa rappresentare un problema. Immaginando, ad esempio, di voler costruire 12 centrali in siti da 4 centrali, si vede che di siti ne basterebbero tre: mettiamo pure che, a esagerare, siano da 200 ettari l’uno, vogliamo non trovare tre zone da 2 km quadrati lungo tutta la costa italiana?
A proposito di Flamanville segnalo il sito
enel.it/attivita/novita_eventi/archivio_novita/epr_maggio200...
che descrive un po’ l’intervento dell’Enel (partecipazione al 12.5%) dove fra il resto si dice che la popolazione non è affatto contraria al nuovo EPR visto che
“… gli impianti hanno portato nel loro territorio progresso e benessere economico. Il porticciolo di Dielette è a fianco della centrale e di fronte c’è La Hague, sito nazionale per il trattamento e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, anche quelli delle ex centrali italiane. Ma qui il nucleare preoccupa meno della nuova banchina in cemento…”
(a dimostrazione della bontà della scelta nucleare Francese). Sulle scorie si dice che
“… Sulla gestione dei residui della fissione i cittadini sono costantemente informati. Dice Gulven Greillat, Responsabile Strategia industriale di produzione EDF: “Questi residui, racchiusi in vetro fuso e in contenitori d’acciaio, vengono interrati a La Hague e, per l’insieme del parco nucleare francese dall’inizio del suo funzionamento, occupano uno spazio grande quanto una piscina. Si tratta di una soluzione transitoria d’interramento, che comunque è sicura e semplice. In un secondo momento si potrà utilizzare una soluzione ancora migliore …”
18 Maggio 2008 alle 18:38
Ricapitoliamo
6 ettari (60000 m2) - questo dice Edoardo
“Tanto per dare un’idea il sito di Flamanville per l’installazione dell’EPR ha una superficie di 60 ettari.” - questo dice Panebianco
Quindi un sito nucleare completo occupa 60 ettari, cioè 600.000 metri quadri
Pensando ad un rettangolo posso calcolare un’ampiezza di 2.000 metri per 3.000 metri, cioè 2 KM per 3 KM. Sbaglio?
Non sono pochi!
A questo punto quante centrali EPR (lasciamo fare i ricordi o le congetture) per produrre quel 40% di energia nucleare (come dice Petruccio) da inserire nel PEN?
Non mi frega niente (Petruccio) delle possibilità che offre il nucleare. Voglio sapere se domani (17 maggio) si inizia il PEN quante centrali nucleari ci vogliono! Punto e basta!
Non mi frega niente di discutere sui massimi sistemi! Ditemi cosa ci vuole di nucleare per il PEN Nazionale e basta.
ORA! E lasciamo stare i “se” e i “ma”.
Ricapitolo
L’impianto occuperà 60 ettari. Siete tutti daccordo?
Bene. Adesso ditemi quanti impìanti servono per raggiungere quel 40% di energia elettrica prodotta dal nucleare (sempre che la percentuale di Petruccio sia da voi condivisa).
Grazie
18 Maggio 2008 alle 19:34
Caro Daniele,
ma non ti accorgi che Petruccio ti ha già risposto?
3 siti nucleari con 4 EPR l’uno. 19200 MW di potenza installata che funzionano 8000 ore l’anno produrranno 153,6 TWh. Il consumo attuale è di 340 TWh. Se ipotizziamo che ora che li abbiamo costruiti il consumo è aumentato del 10% (aumento del 1% annuo) siamo a 153/370 che fa il 40% circa. Con un ingombro assolutamente irrisorio e paragonabile a quello delle centrali che sostituiscono compreso tra 200 e 600 ettari.
Naturalmente la questione non è così semplice ma quello dello spazio direi che sia l’ultimo dei problemi. Casomai è più problematica la localizzazione.
18 Maggio 2008 alle 20:17
In Italia per cominciare andrebbe bene già costruire 10-15 impianti: il terreno occupato sarebbe un’inezia, non arrampicarti sugli specchi (Rubbia proponeva uno specchio per lo sfruttamento della ben accetta energia solare grande quasi quanto una piccola regione)!
I francesi, sarò noioso ma devo evidentemente ripetermi, hanno una nazione simile alla nostra, ed hanno quasi 60 impianti (!!!), senza NESSUN problema (correggetemi se sbaglio). Se possono loro perchè noi non potremmo (farne 1/4!!!)? Qualcuno ha già decretato in via definitiva che siamo ‘inferiori’?
Come vedete i fatti (!!!) smentiscono sempre clamorosamente chi dice che non si potrebbe o dovrebbe, e intanto il tempo passa (ed è contro di noi)…
Daniele ma tu in vita tua lo hai mai visto un impianto nucleare? Lo hai confrontato con altri impianti industriali che ogni nayione deve avere ed ha? Se la risposta è si allora sai di cosa parlo, se la risposta è no allora perchè ti affanni a dimostrare l’indimostrabile?
“qualcuno non sbuffi subito perché senza dialogo con la gente comune non metterete alcuna centrale”
Guarda che a me di ‘mettere’ una centrale nucleare non me ne frega niente, almeno non come ingegnere, l’ho detto tante volte.
Io sono associabile ad un ‘medico’: prescrivo la cura per il ‘tumore’ energetico del Paese, poi se volete la seguite, senò andate a curarvi con l’aspirina (fantasiose energie alternative e politiche di risparmio). Nessun medico vi ha mai bussato a casa puntandovi una pistola, mi pare.
La scienza non è e non può essere democratica: le cose o le sai, oppure no (e la tua opinione non vale un fico secco!). Può essere politically incorrect, ma è così. E chi chiunque va a curarsi lo capisce benissimo e lo accetta senza problemi (credendo giustamente che la salute è una cosa seria, ma dimenticando che lo è anche la politica energetica)
18 Maggio 2008 alle 20:35
Grazie Egisto per la precisazione.
C’è anche un’altra piccola precisazione da fare sull’intervento di Daniele: 60 ettari sono 0.6 km quadrati e infatti se andate a vedere Flamanville vedrete che il sistema dei buildings e degli spazi ausiliari occupa circa un rettangolo da 1200×500 metri se si esclude il porticciolo antistante. Se invece si vuol comprendere anche il tratto di mare per così dire occupato fino alla strada (circa 700 metri) e l’intera lunghezza nel senso parallelo alla costa (circa 1700), valutando così non tanto l’area realmente occupata ma l’ingombro a spanne, risultano circa 1.2 km-quadrati (120 ettari) per un sito che comprende tre centrali. Per Olkiluoto vale un discorso analogo anche se il tutto sembra un po’ più sparpagliato e più che di un rettangolo si potrebbe parlare di un quadrato di lato 1200×1000 metri.
L’ingombro che cita Daniele (6 km-quadri) è cinque volte tanto: diciamo che a spanne è quasi la superficie totale che realisticamente servirebbe all’Italia per il nucleare immediato, intendo, quello da 12 EPR.
18 Maggio 2008 alle 20:40
Nessun commento! Rispondete a bomba!
Vorrei capire:
1) Romanello parla di 10 - 15 impianti.
2) Petruccio parla di 3 siti con 4 Epr ciascuno.
Possiamo metterci daccordo?
Ritenendo buono il commento di Panebianco sulla composizione di un’impianto nucleare e tenendo buono la misura di 60 acri necessari per la costruzione di un’impianto mi dite:
QUANTI IMPIANTI NUCLEARI CON TECNOLOGIA EPR SERVONO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA CON IL NUCLEARE PER ARRIVARE A PRODURRE IL 40% DEL FABBISOGNO ELETTRICO NAZIONALE?
Grazie
18 Maggio 2008 alle 21:07
6 ettari sono 60.000 m2. Questo è esatto?
Diciamo che il nostro rettangolo è di 300 metri per 200 metri. Giusto?
60 ettari sono 600.000.
Diciamo un rettangolo di 3000 metri per 200 metri
Cioè un rettangolo di 3 km per 200 metri.
Ma potrebbe essere anche un rettangolo di 1.500 metri per 400 metri
Cioè un rettangolo di 1,5 km per 400 metri.
Siamo tutti daccordo su questo?
Grazie
18 Maggio 2008 alle 21:14
Gia’ che ci siamo
3X4=12
10
18 Maggio 2008 alle 21:30
“Tanto per dare un’idea il sito di Flamanville per l’installazione dell’EPR ha una superficie di 60 ettari.”
Prendendo per buona questa definizione di Panebianco mi dite quanto deve essere ampio il rettangolo (lunghezza per larghezza) dove inserire un’impianto nucleare?
Una domanda semplice per chi conosce a menadito le centrali nucleari.
Grazie
18 Maggio 2008 alle 21:31
Forse l’equivoco nasce dalla parola “impianto nucleare”. A me, senza altre precisazione, spontaneamente, viene da associarlo alla sola parte strettamente realtiva alla tecnologia nucleare (quella che Panebianco chiama building 1 “reattore” con piscina, sistemi caldi ecc…) ma escluso tutto il resto, turbina, torre di rafreddamento ecc… L’insieme di più reattori coi vari buildings, servizi e spazi ausiliari mi viene invece da chiamarlo sito. In realtà non ci ho mai pensato più di tanto e, ora che l’ho letta, mi sembra corretta la precisazione di Panebianco. Per non fare confusione, in ogni caso, utilizzerò solo le parole “sito” e “reattore”.
In quest’ottica quello che intendo è esattamente in linea con quello che dice Romanello che parla di 10-15 impianti che io intendo come “reattori”. Quindi romanello dice facciamo 10-15 reattori mentre dico che ne farei 12 di “reattori” (in pratica 12 EPR). E qui direi che ci siamo.
Come li sistemiamo questi 12 reattori?
Se ci forssero problemi di spazio si potrebbero ragruppare in 3 siti da 4 reattori ciascuno (3*4=12 EPR) con un ingombro che probabilmente si aggirerebbe al di sotto di circa 1km x 2 km = 200 ettari per ciascun “sito” per un totale di 600 ettari (6 km quadri). Ma, in realtà , queste cose andrebbero viste caso per caso: i numeri sopra citati sono solo di massima a livello di valutazione di fattibilità a spanne.
Avevo letto a questo proposito che già il precedente governo stava facendo un censimento su possibili siti. Poi, una volta individuato un sito, quante centrali possa ospitare dipende da diversi fattori, in primo luogo la disponibilità di acqua di raffreddamento.
Per quanto ne so io poi, la sismicità del luogo, che pure hai citato, finché si mantiene entro valori ragionevoli non inciderebbe più di tanto (fa solo aumentare un po’ i costi). E’ chiro che non è il caso di fare un reattore vicino al Vesuvio o sull’Etna, ma per il resto, che io sappia, tutta l’Italia è buona sotto questo aspetto (dove più, dove meno).
18 Maggio 2008 alle 22:47
Diciamo allora che:
1) Per generare il 40% di elelttricità servono 3 siti da 4 reattori ciascuno.
2) Ogni sito prenderà 200 ettari, cioè un rettangolo di 1 km x 2 km.
Adesso ditemi quante officine per preparare il combustibile servono e quanti centri di “ritrattamento”.
Grazie
19 Maggio 2008 alle 10:42
Per Daniele:
un agriturismo (medio) di proprietà di un mia amico ha terreno per 20 ettari!… Comunque:
15 reattori EPR sarebbero più che sufficienti per coprire il 35 – 40% del fabbisogno nazionale e parte considerevole del mix energetico italiano, considerando anche sviluppo della geotermia, carbone e tre/quattro rigassificatori (come afferma giustamente Pietruccio)
A parer mio il costruire impianti nucleari in Italia nonè né un problema di spazi né di densità .
Come già detto e spiegato, in Italia il rapporto è di 190 abitanti/Km2 (60.000.000 abitanti) contro i 235/km2 della Germania (80.000.000 abitanti e 19 reattori nucleari) il Regno Unito con 250/Km2 (60.000.000 e 18 reattori nucleari) o il Giappone con 340 abitanti/km2 (120.000.000 di abitanti E 51 REATTORI NUCLEARI)
Inoltre uno studio Ansaldo /Enea, confermato del CNR ed utilizzato ironicamente da quel figuro di nome Roggiolani (Verdi) conferma che in Italia vi sono siti idonei ad ospitare una
centrale nucleare: sono Trino (Vicenza), Fossano (Cuneo), Caorso
(Piacenza), Monfalcone (Gorizia), Chioggia (Venezia), Ravenna, Scarlino
(Grosseto), Latina, Garigliano (Caserta), Termoli (Campobasso), Mola
(Bari), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento) e Oristano.
Si parla di quindici siti per centrali nucleari di piccole dimensioni e 12 siti per centrali nucleari più grandi.
Se per le quattro (quasi cinque, considerando Montalto) centrali italiane era sufficiente l’impianto FN di Bosco Marengo per la fabbricazione del combustibile, per 15 impianti due, massimo tre di installazioni simili sono più che sufficienti. Così come quelli per il ritrattamento del combustibile. Addirittura c’era chi ipotizzava il riutilizzo dei siti (bada bene dei SITI, non degli impianti, quelli devono essere rifatti ex-novo) di Saluggia, Casaccia e Rotondella.
Se ti interessa sapere l’estensione di detti impianti per la fabbricazione del combustibile, mi fu raccontato da un mio conoscente che aveva visitato le officine di Bosco Marengo che l’estensione, tanto per capirci, era di poco meno 3 o 4 ettari (metà dello spazio occupato da una centrale)
19 Maggio 2008 alle 11:39
Per il combustibile, si puo’ semplicemente comprare senza dover costruire nessuna fabbrica in italia!
Si possono fare contratti di durata ventennale o piu’ con i vari produttori mondiali di combustibile (pochissimi) e comprare noccioli interi anni prima di caricarli sfruttando i momenti migliori del mercato.
Magari in Europa, ci si potrebbe anche consorziare con altri partner…
Per il ritrattamento,…il produttore sarà ben lieto di riprendersi il combustibile…
22 Maggio 2008 alle 16:58
Tanto per rispondere a Daniele (molto in ritardo, ma il tempo è quello che è) sul discorso volumi e quantità in gioco che mi sembra lo “preoccupi” un po’, a me risulta che che un reattore da 1600 MW dovrebbe richiedere una trentina di tonnellate all’anno di combustibile che, considerando per l’ossido una densità di 8.4 tonnellate al metro cubo, farebbe la misera cifra di poco meno di 4 metri cubi all’anno per reattore. I 12 reattori ipotizzati richiederebbero, allora, 48 metri cubi all’anno di ossido di uranio arricchito per tutta l’Italia per proidurre il 40% dell’energia elettrica totale: non mi sembrano cifre tali da mettere in crisi la viabilità della nazione!
Chiaro che io parlo di volumi netti mentre il combustibile si trova nelle barre che formano elementi di combustibile ecc… quindi l’ingombro sarebbe maggiore ma sempre trascurabile rispetto alle necessità ciclopiche di altre forme di produzione dell’energia (ricordo che solo di gas noi importiamo 85 km-cubi, cioè più di una volta e mezza il volume del lago di Garda che fa 50 km-cubi)