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Paolo Fornaciari e Giorgio Prinzi - per rilanciare l’economia si deve rilanciare il nucleare

7 Giugno 2006 di Amministratore

Su “L’ Opinione delle Libertà” di ieri c’era un articolo di Paolo Fornaciari e Giorgio Prinzi con alcune considerazioni sul discorso che il Governatore della Banca d’ Italia Mario Draghi ha tenuto il 31 maggio in occasione della “Relazione Annuale”.

Paolo Fornaciari e Giorgio Prinzi (che sono rispettivamente presidente e segretario del “Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare - CIRN”) sottolineano come nella relazione di Mario Draghi non si è fatto cenno all’ importanza che ha il costo dell’ energia elettrica per l’ andamento dell’ economia nazionale.
E Paolo Fornaciari e Giorgio Prinzi continuano scrivendo che una delle cause principali dell’ attuale situazione di difficoltà economica dell’ Italia sarebbe proprio il “caro energia”, a differenza di altri paesi europei dove il costo del chilowattora è sensibilmente inferiore grazie all’ impiego di energia nucleare.
Per rilanciare l’ economia italiana si dovrebbe puntare cioè ad una nuova “politica energetica” e un rilancio del nucleare: riavvio di Caorso e di Trino Vercellese e la costruzione di almeno quattro nuove centrali nucleari all’ anno.



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  • 7 Commenti a “ Paolo Fornaciari e Giorgio Prinzi - per rilanciare l’economia si deve rilanciare il nucleare”

    1. Renzo Riva scrive:

      http://www.nuovopsi.com/forum/lettura.asp?idogg=5393714

      Polo elettronucleare per la produzione d’elettricità e d’idrogeno.

      =======================================

      Mensile “IL PIAVE†di Luglio 2007
      AMBIENTE E TECNOLOGIA
      Pagina 9

      ENERGIA
      Nucleare invece dei rigassificatori

      E’ doveroso ribattere sull’impianto di rigassificazione di Trieste alle Associazioni datoriali del Friuli Venezia Giulia e al responsabile dei giovani imprenditori di Confindustria. Le ragioni di bilancio energetico, ancora prima dell’improponibile bilancio economico, sconsigliano il ricorso alla tecnologia LNG o GNL (Gas Naturale Liquido). Ciò perché si perde dal 25 al 30 % dell’energia nel processo di liquefazione e di rigassificazione del combustibile stesso; non secondario poi il suo costo che negli ultimi sei anni ha subito un aumento del 600%, allineandosi sempre più al prezzo internazionale del petrolio. Unico pregio è la sicurezza degli approvvigionamenti e l’effetto di calmiere del prezzo del gas via tubo onde evitare la posizione monopolista del cartello dei fornitori via gasdotto, con la Russia a capofila, per evitare la levitazione dei prezzi. Endesa vuole realizzare un rigassificatore per alimentare la centrale a turbogas costruita in seguito ad una sua errata valutazione dell’investimento; pochi operatori sei anni fa previdero l’aumento del prezzo del gas nelle quantità dette poc’anzi. Il ricorso al nucleare, che tanti a parole dicono di volere, nei fatti oggigiorno resta ancora una scelta remota in Italia, mentre l’Europa produce mediamente il 30% dell’energia elettrica con tale fonte. Per non parlare della Francia che da sola produce il 70% del suo fabbisogno, compreso la quota che importiamo, pari al 18% del nostro fabbisogno (reattori viciniori: Francia 59, Germania 19, Spagna 9, Svizzera 5, Slovenia 1). Inoltre ci attende un salasso di parecchi miliardi di Euro: grazie a Kyoto. Per le energie alternative riporto un passo dell’intervento da me fatto al convegno dell’APE (Agenzia Provinciale dell’Energia) di Udine il giorno 8 giugno 2007: Biomasse, Fotovoltaico ecc. avranno il loro mercato di nicchia ma è illusorio pensare che possa essere la panacea della soluzione del problema energetico che ci attanaglia. Anzi oggigiorno in Italia esiste il problema principe della disponibilità d’energia, in capo al quale gli altri problemi scompaiono se non lo si risolve. Aggiungo infine le considerazioni d’un amico, l’ingegnere nucleare Giampaolo Bottoni, che mi scrive:

      “Renzo, per la faccenda dei rigassificatori mi opporrei… ma solo un po’… e solo per “gioco politico”perché attualmente non credo possibile barattare un rigassificatore con una centrale elettronucleare come la vorrei io (totalmente asportabile al termine della sua vita operativa). Lo so che i rigassificatori sono ora poco convenienti economicamente ma si tratta di vedere se il maggior costo del metano sarà a carico dell’importatore o nostro ossìa degli acquirenti… A parte questo non dover dipendere troppo né dalla Russia né dall’Algeria sarebbe un bel sistema per indurii a COMPORTARSI BENE. Quando ci fosse un certo numero di rigassificatori, due o tre giusto per differenziare le fonti, e la gente constatasse che la Russia e l’Algeria si comportano commercialmente bene non ci sarebbe da dedurre che i rigassificatori erano INUTILI ma piuttosto che sono UTILISSIMI a far sì che la Russia e l’Algeria si comportino bene. IDEM PER IL NUCLEARE. La sola minaccia CREDIBILE di aumentare l’impegno del nucleare non considerato un tabù… indurrebbe i petrolieri concorrenti a moderare le loro pretese…” MA BISOGNA NON CONTINUARE A TRATTARE COME UN TABÙ L’USO DEL NUCLEARE!!!
      Renzo Riva referente per l’Alt(r)o Friùli - Socialisti 2005

      =======================================

      Convegno 8 Giugno 2007

      Agenzia Provinciale per l’Energia - APE
      di Udine

      titolo:

      L.R. 24/2006: trasferimento delle funzioni in materia di energia agli EE.LL.

      Utilizzo su piccola scala dell’energia da biomasse: biogas e procedure autorizzative degli impianti

      Intervento al dibattito

      di Renzo Riva

      Da socialista seguo con particolare attenzione il mondo del lavoro:

      - dei lavoratori autonomi,
      - dei lavoratori dipendenti,
      - delle imprese che l’impiegano,

      e che producono il P.I.L. (Prodotto Interno Lordo).

      Oggi il primo problema in assoluto è

      l’energia.

      Curarsi di tutti gli altri problemi serve a poco se non si risolve

      il primo problema: l’energia.

      Pertanto da referente del C.I.R.N. (Comitato Italiano Rilancio Nucleare) in Friùli sono favorevole alle fonti rinnovabili purché non le si considerino la panacea per risolvere il problema energetico, bensì inquadrate nel mercato di nicchia che loro compete.
      Nelle relazioni che ho ascoltato si è fatto riferimento all’obiettivo posto dal Governo centrale di realizzare una produzione energetica da fonti rinnovabili pari al 25% del totale nazionale e ciò entro l’anno 2011.
      Rammento l’attuale sitazione:

      Fonte energetica %

      - Nucleare 0
      - Rinnovabili 23
      - Gas naturale 44
      - Carbone 17
      - Olio combustibile 16

      Si tenga sempre presente il quadro europeo dove mediamente si produce con il nucleare il 30% del fabbisogno elettrico. La Francia ricava dal nucleare il 70% dei suoi consumi elettrici e noi ne importiamo una parte corrispondente a circa il 17% del totale del nostro fabbisogno d’energia elettrica.
      Si ricorda che la convenienza dell’energia nucleare sta nel prodursela in casa e non nell’acquistarla all’estero.
      Come possiamo essere competitivi nel mercato globale rispetto agli altri paesi europei con una siffatta miscela di fonti energetiche?
      Di primo acchito l’obiettivo del 25% sembra facile da raggiungere, serve produrre con nuovi impianti a energie rinnovabili “SOLO†la differenza del 2% rispetto al tetto attuale.
      Ma il 2% di 56.000 MW corrisponde a 1,12 MW che in impianti fotovoltaici , eolici e biomasse si traduce in Euri improponibili persino ai paesi più ricchi del pianeta.
      Inoltre, dai dati citati da un relatore, nella nostra regione non c’è una massa significativa di “cacca†proveniente dagli allevamenti bovini e suini, sufficiente per produrre biogas. La centralizzazione di tutte le deiezioni in un’unica unità è improponibile energeticamente oltre che economicamente: l’uso di combustibile d’autotrazione per i soli trasporti dalle varie stalle richiederebbe più energia di quella ottenibile dal biogas.
      Gli agricoltori che intendono avvalersi degli impianti biogas devono prestare particolare attenzione nella fase di studio, avvalendosi di professionisti non legati, o peggio appartenenti, alle ditte fornitrici degli impianti.
      Alle ditte invece deve essere richiesto contemporaneamente alla stipula del contratto per la fornitura, posa in opera e avviamento, con collaudo effettuato da professionista indipendente, anche la clausola dei costi per le manutenzioni: ordinaria e straordinaria; tutto questo per il tempo massimo di vita dell’impianto stesso, con previste penali in caso di mancata produzione.
      Ciò per avere costi certi a fronte di ricavi presunti.
      Infine qualsiasi intervento legislativo dirigista (tutti i megawatt prodotti con l’inchiostro non fanno girare neppure il frullatore di casa) servirà a nulla se non si mandano a casa, con il solo assegno vitale di sussistenza, in attesa di futura occupazione, almeno 500.000 dipendenti pubblici.

      Scopriremo il giorno dopo il loro licenziamento che la prestazione della macchina statale non subirà alcuna variazione se non per gli scioperi indetti dalle OO. SS., spalleggiate dagli apparaticnick di partito, che difendono e difenderanno i loro privilegi e l’orticello elettorale dei tanti (non tutti) nulla facenti.
      Come si pensa di finanziare la ricerca applicata ed i necessari nuovi investimenti per le nuove strutture ed emergenze se non liberando risorse?
      Nessuno morirà di fame e stenti; certo parecchi non potranno più concedersi viaggi esotici ma tant’è: primum vivere …

      Renzo Riva
      - referente per l’Alt(r)o Friùli di Socialisti 2005
      - referente del C.I.R.N. sezione Friùli

    2. Renzo Riva scrive:

      Una piccola ma doverosa aggiunta al precedente mio intervento.

      Polo elettronucleare per la produzione d’elettricità e d’idrogeno a Osoppo in provincia di Udine.

      Renzo Riva
      Via Avilla, 12/2
      33030 BUJA - UD

      349.3464656
      renzoriva(chiocciola)libero.it

    3. Renzo Riva scrive:

      Ecco cosa scrissi nel Gennaio 2007 pubblicato da L’Opinione della Libertà

      Edizione 13 del 17-01-2007

      Dagli anni ‘70 gli incidenti legati alla lavorazione del gas hanno causato più di tremila vittime
      Resistono i pregiudizi sul nucleare ma il gas è molto più pericoloso

      di Renzo Riva

      A Trieste il 12 gennaio presso la Stazione marittima, si è aperta una tavola rotonda promossa dalla locale sezione di “Italia dei valori†sulla “Sicurezza degli impianti di rigassificazione di Gnl (Gas naturale liquefatto). Valutazione e quantificazione del rischio d’incidentiâ€. A confrontarsi sono stati tecnici, esperti e ambientalisti, i rappresentanti di Gas Natural ed Endesa, Iginio Marson presidente dell’Osg (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale), Enrico Nobile, docente di fisica tecnica all’università di Trieste, il geologo Livio Sirovich e Carlo Franzosini in rappresentanza del Wwf.
      Paolo Bassi, responsabile dell’IdV ha introdotto i lavori e presentato il moderatore, l’architetto Roberto Barocchi. Dopo le relazioni è stata data la parola al pubblico, tra cui sedeva l’estensore del presente articolo. Nei due minuti concessimi ho puntualizzato che da rappresentante del Comitato italiano per il rilancio del nucleare del Friuli Venezia Giulia non mi era possibile dismettere i panni di referente di Socialisti 2005–Federalismo Fiscale. E ho notato che quando i rappresentanti di Endesa e Gas Natural hanno affermato che mai ci sono stati morti per le operazioni tecnologiche legate ai processi di liquefazione e rigassificazione, erano nel torto.
      L’impianto di liquefazione di Skikda in Algeria, nell’anno 2004, ha prodotto 29 morti e 74 feriti a seguito dell’esplosione e di un incendio durato otto ore che ha provocato danni per 1 miliardo di dollari. L’ufficio investigativo di una compagnia assicuratrice attribuì la causa ad una fuga di gas liquido dalla tubazione di carico. Inoltre, in Belgio, in fase di scarico un’analoga esplosione provocò la morte di 15 persone sempre nell’anno 2004. Posso affermare senza tema di smentita che il gas è altamente pericoloso e ha provocato morti, feriti ed evacuazioni di gran lunga superiori a tutti gli incidenti nucleari verificatisi sinora, solo due ma mediaticamente superesposti, di Three Mile Island (200.000 evacuati) e Chernobyl (morti 31, feriti 299, evacuati 135.000). Il gas ed i relativi trattamenti e trasporti hanno provocato 3.241 morti, 7.906 feriti, 531.600 evacuati; tutto questo per i 52 incidenti registrati dall’anno 1970÷1998. Storicamente si ricorda, uno per tutti gli anni antecedenti, l’esplosione di un serbatoio di gas liquido a Cleveland (Ohio) che nel 1941 produsse 131 morti, 225 feriti, 680 senzatetto, 2 fattorie e 79 case distrutte. Il processo tecnologico di liquefazione e di rigassificazione è un non-senso energetico oltre che economico.
      Come ha dimostrato Paolo Fornaciari presidente del Cirn (Comitato Italiano Rilancio Nucleare), i processi richiedono un dispendio energetico pari al 25%-30% dello stesso gas. Inoltre, il non-senso economico deriva dal fatto che, riconvertite parecchie centrali a olii derivati dal petrolio in centrali a gas, in epoca di prezzi bassi, sono diventate antieconomiche e se non ci fosse energia nucleare importata (18% del totale elettrico) a calmierare il prezzo attuale praticato la bolletta della luce sarebbe ancora più cara. Poi parlare di liberalizzare il mercato elettrico (80% del costo deriva dal combustibile) è da prodiani e chi oggi la propone meriterebbe il Nobel per l’economia fantascientifica.

      Nell’elencare gli incidenti o distruzioni provocate dal gas avevo dimenticato il peggiore accaduto nell’anno 1984 a St. J. Ixhuatepec in Messico dovuto a esplosione di un serbatoio di stoccaggio di GPL.

      Le conseguenze furono:

      Morti 500
      Feriti 2.500
      Evacuati 200.000

      Cernobyl al confronto fu quasi un’inezia.

      ==============================================

      Ecco un articolo del prof. Franco Battaglia
      pubblicato sulla Gazzetta di Modena

      PORTO FRANCO
      Cesio-137, la paura di Chernobyl
      torna col caso del biocombustibile

      di Franco Battaglia

      L’isteria, come sempre, è ai massimi livelli.
      Se poi c’è di mezzo la parola nucleare, allora
      non v’è limite.
      La parola magica di questi giorni è cesio-137,
      trovato nel biocombustibile proveniente
      dall’Est e destinato alle stufe, posto sotto
      sequestro.
      Ammettiamo - ma non concediamo - che tutto il
      cesio-137 rilasciato dall’esplosione di Chernobyl
      del 1986 sia finito nel combustibile incriminato.
      Quant’è e che effetti sanitari può dare?
      Quanto alla prima domanda, la risposta è che l’evento di
      Chernobyl rilasciò, in tutto, 250 megacurie di radioattivitÃ
      (principalmente da xenon-133 e iodio- 131)
      di cui solo poco più di 2 megacurie da Cs-137.
      Quanto alla seconda domanda, bisogna sapere
      che gli effetti sanitari alla popolazione civile a causa
      di quei 250 megacurie sono stati nulli.
      Intendiamoci: tra i 600 lavoratori alla centrale e
      i soccorritori poi inviati a spegnere gli incendi,
      3 morirono immediatamente sotto le macerie dell’esplosione;
      e dei 137 che furono ricoverati con la
      sindrome da esposizione a radiazione acuta,
      28 morirono entro 3 mesi e 14 nei successivi 20 anni.
      Ma tra la popolazione civile, chi si ammalò di
      qualcosa? Nessuno.
      Lo scrive l’ultimo rapporto dell’Unscear (l’organismo
      dell’Onu che, composto da 100 scienziati di
      20 nazioni diverse, ha valutato le conseguenze sanitarie
      del disastro di Chernobyl): il rilascio di
      quegli oltre 250 megacurie “non ha causato alcun
      aumento d’incidenza di tumori solidi o di leucemie
      o di disordini sanitari
      non maligni associati alle radiazioni.
      E la ragione dell’assenza
      del rapporto causa-
      effetto è dovuta al fatto
      che non si è osservato alcun
      effetto. Con una sola ed unica
      eccezione, recita sempre
      quel rapporto: in seguito ad
      una diagnostica capillare eseguita,
      dopo il 1986, tra le popolazioni
      in Ucraina, Russia
      e Bielorussia, sono stati osservati,
      a oggi, 5000 casi di tumore
      alla tiroide, di cui 15
      evoluti con decorso fatale.
      La domanda è: sono da addebitare,
      questi casi, ai rilasci
      radioattivi di Chernobyl?
      La risposta è no, e vediamo
      perché. Il tumore alla tiroide
      ha decorso fatale con incidenza
      del 5%, per cui 15 decessi
      occorsi sarebbero da associare
      non a 5000, ma a 300 casi;
      che, tra la popolazione considerata e in 20 anni, sono
      entro la norma statistica. Da dove vengono, allora,
      i 4700 casi in eccesso?
      Bisogna sapere che, ovunque nel mondo, si registrano
      tumori alla tiroide cosiddetti occulti, per lo
      più benigni e di cui gli individui affetti mai ne vengono
      a conoscenza.
      La loro incidenza è nota dalle autopsie, ed è ben
      maggiore di quella dei tumori manifesti: del 6% in
      Canada, del 9% in Polonia, del 13% in Usa, fino al
      30% in Finlandia. Non si conoscono i dati relativi
      a Ucraina, Russia e Bielorussia, ma non v’è ragione
      di ritenerli diversi dal resto del mondo, e cioé
      di qualche punto percentuale.
      In questi Paesi però, si conosce l’incidenza dei
      tumori alla tiroide manifesti prima dell’evento di
      Chernobyl: 0.02% circa. Appare quindi evidente
      che, eseguendo una diagnostica capillare, come
      quella poi eseguita dopo Chernobyl, enorme sarebbe
      stato il potenziale di scoprire tumori occulti
      che mai, altrimenti, sarebbero stati scoperti, facendo
      aumentare cosÂ…, in modo fittizio, però, l’incidenza
      di tumori tiroidei.
      In conclusione: gli oltre 250 megacurie di rilasci
      radioattivi a Chernobyl non hanno causato alcun
      danno sanitario alla popolazione, e non si capisce
      come potrebbero i 2 megacurie da cesio-137, fossero
      essi tutti nel biocombustibile incriminato. Purtroppo,
      il terrore da nucleare deve rimanere vivo
      a ogni costo, anche a costo di diffondere disinformazione
      e bugie.

    4. Renzo Riva scrive:

      Riprendo per una dimenticanza

      Ecco un articolo del prof. Franco Battaglia
      pubblicato sulla Gazzetta di Modena
      il giorno 30 Giugno 2009 a pagina 17
      nella sezione PORTO FRANCO

      PORTO FRANCO
      Cesio-137, la paura di Chernobyl
      torna col caso del biocombustibile
      di Franco Battaglia

    5. Pietruccio scrive:

      Caro Renzo Riva

      dacci un link o riporta l’articolo, perchè così non riesco a trovarlo.

    6. Renzo Riva scrive:

      Solo a pagamento caro Pietruccio.
      http://gazzettadimodena.gelocal.it/
      comunque l’articolo è riportato qui sopra.

      Ti invierò la pagina in .pdf

      Per gli altri: richiedetemela al seguente indirizzo mail:

      renzoslabar@yahoo.it
      349.3464656

    7. Renzo Riva scrive:

      http://www.nuovopsi.com/forum/lettura.asp?idogg=5737321

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