Il Sole 24 Ore - Energia - Troppa Co2 dall’ uranio
18 Gennaio 2008 di AmministratoreMartedì 15 gennaio con “Il Sole 24 Ore” si aveva il supplemento “Energia - Rapporti” ed erano presenti alcuni articoli anche sul nucleare. Vi invito a non cercare disperatamente tale supplemento in quanto nei prossimi giorni riporteremo tutti i passaggi salienti degli articoli che ci possono interessare.
Il primo articolo che andiamo ad analizzare si trova a pagina 2 ed è di Federico Rendina.
Si riportano innazitutto l’ occhiello introduttivo, il titolo e il sottotiolo dell’ articolo:
“Opinioni sul nucleare a confronto. Uno studio controcorrente di Sergio Zabot sull’ efficienza energetica.
Troppa Co2 dall’ uranio.
Le fasi di lavorazione hanno bisogno di molto carburante fossile”
Seguono ora estratti dell’ articolo:
(…) A sfavore dell’atomo. Che non sarebbe affatto “carbon free”. A lanciare un sasso (non piccolo) nello stagno arriva uno studio predisposto da Sergio Zabot, stratega energetico-ambientale della Provincia di Milano e accanito fautore non di una battaglia tra tecnologie di generazione ma semmai di una più decisa azione sul risparmio e sull’efficienza energetica, specie nel settore dell’edilizia residenziale.
(…) Per misurare correttamente la produzione di Co2 bisogna invece riferirsi all’ intero ciclo industriale dell’ attività della centrale, a cominciare dalla produzione del combustibile, l’ uranio, che a sua volta ha non lievi necessità energetiche.
Considerando allora l’ intera filiera della generazione nucleare si scopre - è la tesi illustrata da Zabot con il conforto di una dettagliatissima spiegazione tecnica- che il ciclo dell’ uranio elettrico piazza nell’ atmosfera quantità di CO2 addirittura comparabili a quelle emesse dai moderni impianti di generazione a ciclo combinato di gas, considerati in ogni caso campioni di efficienza energetica. Questo perché nel nucleare tutte le operazioni collaterali della filiera del combustibile - dall’ estrazione dalle miniere alla frantumazione e macinazione, dalla fabbricazione dell ‘uranio all’arricchimento e gestione delle scorie - necessitano di parecchio carburante fossile. Quello tradizionale.
(…) Gli studi - puntualizza Zabot - rivelano che le emissioni di CO dipendono fondamentalmente dalla concentrazione di ossido di uranio U3O8, detto “yellowcake”, nel minerale estratto. Da ogni tonnellata di minerale grezzo di qualità più alta (con almeno lo 0,1% di ossido di uranio) si ricava un chilo di ossido di uranio. Ma se consideriamo il più diffuso “low grade”, che ha una concentr azione di ossido di uranio fino a dieci volte inferiore, le tonnellate da trattare per ottenere la stessa quantità di combustibile si moltiplicano di conseguenza.
(…) Più in dettaglio l’ ingegnere spiega che la richiesta di energia per la vita operativa di un reattore ad acqua pressurizzata di tecnologia Pwr da mille megawatt è di ben cinque milioni di Tep (tonnellate di petrolio equivalenti) di energia fossile, dei quali quattro Mtep «sono consacrati alle fasi di estrazione del minerale, macinatura, conversione, arricchimento e produzione del combustibile». In pratica: per produrre mille kilowattora di energia una centrale nucleare brucia a tutti gli effetti 200 Kwh di energia (un quinto di quel che è capace di dare) generata da idrocarburi. «Con le relative emissioni inquinanti e climalteranti», insiste Zabot.
(…) E con l’attuale contributo del 16% fornito dall’ atomo all’ elettricità mondiale le riserve di high grade «possono durare pochi decenni» con prezzi sempre crescenti. Ci dovremo dunque accontentare - ammonisce Zabot -delle risorse “low grade”. Che obbligano a una filiera industriale dell’atomo densa, ancor più densa, di anidride carbonica.